Dopo decenni di cattiva politica, teologia ancora peggiore, corruzione, affarismo e
malaffare dilaganti, la gerarchia della chiesa ha fatto una cosa evangelica.
Ha eletto un papa che ha esordito nel suo pontificato con un
“buona sera” , cioè parlando come una persona normale ed è stata la prima cosa
scioccante, perché se uno parla come una persona normale c’è il rischio che la
gente lo capisca subito e magari riconosca in lui chi deve riconoscere.
Non parliamo poi della scelta del nome.
Addirittura quel Francesco, talmente evocativo di un
programma legato al radicalismo evangelico, da essere stato accuratamente
evitato per ben 800 anni.
Che terremoto, ancor più gradito, perché totalmente
inaspettato.
Inevitabile il richiamo allo stile di quel mite e umile papa
Luciani entrato e uscito dalla storia come una meteora.
Quindi l’augurio di lunga vita a papa Francesco, ne avrà
bisogno in quell’ambiente, dove più che del pastorale avrà bisogno di una robustissima scopa.
Papa Bergoglio è nuovo in tutto.
Essendo sudamericano sposta l’asse della chiesa dall’altra
parte del mondo e questa non è una cosa di poco conto.
Finisce così lo strabismo eurocentrico , anacronistico in un
mondo globalizzato.
E poi, diciamolo anche se è sgradevole, in Europa questa
chiesa aveva perso i fedeli perché aveva perso la faccia, cioè non era più
credibile come agenzia morale.
Occorreva una svolta radicale anche in senso fisico e quindi
benvenuto un papa proveniente dall’altra parte del mondo.
Molto bello nel primo approccio, dopo il saluto e la
presentazione di sé la richiesta di una preghiera sul papa e ancora più bello,
fatta in silenzio.
In questo mondo perennemente intronato da distrazioni
rumorose volgari e banali, è venuta l’antica evocazione del ritrovare sé stessi
e il proprio senso nel silenzio.
Formidabile, molto ben scelto e coerentemente assolutamente
francescano.
Riferirsi a Francesco vuol dire tante cose oltre ovviamente
alla scelta prioritaria a favore dei poveri e quanto meno per la sobrietà dei
costumi e dei consumi.
Francesco invocava il ritorno al riferimento prioritario
verso la parola del Vangelo, usando un aggettivo radicale e significativo, che
mi ha sempre impressionato, Francesco parlava del Vangelo “nudo”.
E’ chiaro il significato profondo.
Francesco non ha mai praticato la teologia perché non l’ha
mai amata, perché vedeva in quei libroni pieni di dogmi inventati ed elaborati
degli uomini anche con le migliori intenzioni, dei limiti al dispiegarsi del
messaggio evangelico e non un aiuto alla sua migliore comprensione.
Francesco non ha mai amato il potere e le strutture del
potere.
Di più, non ha mai amato le strutture delle istituzioni, più
o meno pesanti.
E’ ben noto che la
Regola gli era stata imposta, che aveva dovuto accettarla, ma
che non era per niente farina del suo sacco.
Dette queste tre cose si capisce perché il richiamo a
Francesco fa esultare molti, compreso chi scrive, ma getta nella costernazione
tanti altri.
Il riferimento a Francesco è un atto di discontinuità poderoso.
Un papa che si richiama a Francesco è il papa dei preti da strada, dei don Ciotti, dei Don
Colmegna dei Don Rigoldi, dei Don Gallo, dei Padri Zanotelli.
Sinceramente ero convinto che quel collegio cardinalizio
scelto per essere di un uniforme grigio conservatore al fine primario di
conservare sé stesso non avrebbe fatto altro che eleggere uno dei loro.
Non è stato così ed anzi ne è venuta fuori otto anni dopo la
vittoria postuma del compianto Cardinal Martini. Otto anni persi fra scandali
passi falsi e nessuna decisione su temi importanti.
Ma meglio tardi che mai.
La crisi della chiesa deve essere ben profonda se quel
consesso ha deciso, rinnegando sé stesso, che fosse inevitabile cambiare
completamente rotta.
Ora le aspettative sono enormi perché da ieri sera ha
ricominciato a spirare il benefico venticello del Vaticano II, sopito, tradito
e contraddetto per decenni.
E’ un grande momento.
Papa Bergoglio sarà consapevole dell’enormità del compito
che ha accettato?
La storia della chiesa ricorda un altro momento nel quale
era stata messa alle corde proprio da scandali, affarismo e malaffare.
Eravamo nel 1554 e la riforma di Lutero era stata la
reazione giusta a tutta quella incoerenza.
La risposta della chiesa è stata allora non la necessaria riforma
cattolica, ma una contro- riforma tutta dogmi regole divieti e scomuniche.
All’ordine del giorno di quel concilio c’era anche la
riforma della curia. Ma il concilio fu rinviato più volte a causa di guerre
sopravvenute, ed alla fine fu concluso legiferando su tutto ma non sulla
riforma della curia.
Sono passati cinquecento anni e papa Bergoglio si troverà
fra le mani quegli stessi fascicoli e quegli stessi problemi, con una curia più
potente e strutturata di allora, che gli si metterà per traverso fin dal primo
istante.
Sarà giudicato su questo in particolare, perché se nella
vita civile italiana la gente è furente verso una classe politica inetta e
corrotta, la stessa cosa si verifica fra i fedeli rimasti e le alte gerarchie
cattoliche, alle quali si imputa lo stato penoso nel quale hanno ridotto questa
chiesa.
Non sarà tutto rose e fiori il cammino di papa Francesco I.
Il cattolicesimo latino americano ha sensibilità molto
diverse dalle nostre, ad esempio fa un gran ricorso a santi, madonne e miracoli
in modo urtante per la nostra mutata sensibilità.
Lo stesso nuovo papa non ha mai chiarito alcuni momenti
oscuri della sua vita durante la dittatura militare in Argentina al tempo dei
desparecidos.
Probabilmente non ha collaborato, ma di certo ha taciuto e i
media saranno impietosi nell’andare a scavare.
Ma staremo a vedere, non roviniamoci la festa.
E non dimentichiamoci di andare ad accendere una gran
candelona a ringraziamento per il pericolo scampato.
Scola rimane a Milano Scherer rimane in Brasile e in Vaticano c’è
Francesco I.
Ancora faccio fatica a crederci.
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