Chi ha dimestichezza con la pubblica amministrazione a
qualsiasi livello sa che esiste questo toccasana, quasi come quegli elisir che
da tempo immemorabile si vendevano alle fiere dei paesi, capaci di curare pressoché tutti i mali.
Non è scritto da nessuna parete, ma questa è proprio la sua
forza, essendo un principio generale del diritto pubblico per il quale nessun
organo istituzionale investito di potere rappresentativo può soffrire di
soluzioni di continuità, e quindi rimane in carica per il disbrigo della
normale amministrazione fino all’insediamento dell’organismo eletto o nominato successivamente.
In ottemperanza a questo principio non scritto, per esempio,
il Presidente per prassi non firma il decreto di accettazione delle dimissioni
del governo precedente, prima che giuri
quello nuovo in attesa di acquisire la fiducia.
Il nostro sistema costituzionale è notoriamente sbilanciato
in senso parlamentare, cioè è il parlamento a detenere la maggior fetta di
potere
Berlusconi, pur avendo una sua visione superficiale e
sbrigativa degli assetti costituzionali ha ben sperimentato nel corso degli
anni questo fatto e se ne è sempre lamentato, dicendo che il presidente del
consiglio non conta nulla, esagerando ma non troppo.
Lui era forse sinceramente convinto che i governo del paese
corrispondesse al consiglio di amministrazione di una Spa come la sua.
Nella situazione odierna di stallo istituzionale grave a
causa di un esito elettorale, che non ha prodotto alcuna maggioranza
politica reale, lo strapotere che la
costituzione affida al parlamento può essere di grande utilità.
I partiti tradizionali e i media della carta stampata e
delle tv che li rispecchiano fanno finta di non averlo capito, perché la vedono
come il fumo negli occhi, ma questa della prorogatio è la soluzione più
praticabile.
Guarda caso Grillo, imboccato dal suo consigliere giuridico
per queste faccende che è il Prof Paolo Becchi dell’Università ovviamente di
Genova, fino da appena dopo le elezioni aveva chiaramente detto che non avrebbe
votato la fiducia ad alcun governo e indicato la proroga del governo in carica
come la soluzione di suo maggiore gradimento.
Non richiede passaggi di voto di fiducia (anche se alcuni
costituzionalisti lo vorrebbero, ma a torto) e per lui sarebbe l’ideale nel
senso che dal parlamento potrebbe essere la forza politica che gestisce
l’iniziativa politica che conta, cercando di fare approvare alcune delle leggi
nel programma del 5Stelle , continuando a sbeffeggiare i partiti tradizionali e
lo stesso Monti, che però essendo ridotto al solo così detto disbrigo degli
affari correnti, non avrebbe modo di farsi criticare più di tanto.
Ovvio che la posizione del PD non sarebbe certo ideale
essendo nella posizione del partito di maggioranza che si trova il calendario
politico dettato da un’altra forza politica (il 5Stelle) che non vuol nemmeno
sentire parlare di alleanza o di concertazione di un percorso comune.
Oddio, siamo vaccinati e ne abbiamo viste di tutti i colori
per cui l’esperienza parlamentare insegna che se le cose andassero così, dopo
tre mesi, in qualche scantinato le concertazioni prima occulte e poi palesi fra
PD e 5Stelle ci sarebbero eccome, perché così si lavora in parlamento.
In aula, ma soprattutto nelle commissioni i 5Stelle solo per
il fatto di esserci e di dover imparare e muoversi, saranno costretti a
costatare che il diavolo non è poi così cattivo, cioè che i loro vicini saranno
dei colleghi coi quali si dialoga dalla mattina alla sera e quindi si concerta
cioè si programmano interventi comuni.
E Grillo sarà lontano e non potrà imporre un regime di
controllo stalinista a 160 giovani rampanti.
Come in qualsiasi regime parlamentare dopo poco tempo
saranno loro a comandare e i problemi col loro “portavoce” con annesso guru
saranno un bel rebus.
Ma Grillo non è uno sciocco e queste cose sa che deve
metterle in conto.
Certo che usare della prorogatio non è proprio il massimo.
Questa è più un escamotage che una soluzione politica, pur essendo
praticabile e perfettamente legittima in una situazione assolutamente singolare
come la presente.
Mai il sistema è stato incartato in un modo così totale.
Con i guai giudiziari di Berlusconi, che vengono a sentenza
uno dietro l’altro, con sentenze di condanna alle porte corredate dalla pena
accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici o peggio con richieste di
arresto e questa volta senza che in parlamento ci sia una verosimile
maggioranza disposta a coprirlo, il PdL è fuori gioco completamente ed è
destinato allo sbando anche a causa della penosa qualità del suo personale
politico, che ha già dimostrato una volta di non sapere sopravvivere se non c’è
il capo al comando.
Comunque una volta realizzato che il problema ora è di
sbarazzarsi di quel personaggio arrivato al capolinea, per sopravvivere
politicamente, più di qualcuno avrà bisogno di tempo per mettere in piedi
qualcosa.
Il PD da parte sua, ammesso che non decida di suicidarsi, ha
anche lui assoluto bisogno di tempo
perché ora è chiaro che non gli basta semplicemente rottamare alla Renzi, ma ha
bisogno di cambiare radicalmente alla ricerca di capire cosa vuole essere.
I 5 Stelle hanno bisogno di tempo per strutturarsi e quindi
più ne avranno , più saranno soddisfatti.
E allora prorogatio.
Ma siccome la nostra politica non cesserà mai di stupirci in
peggio, non mi posso esimere dall’ illustrare un escamotage politico, ancora
più singolare e fragile politicamente di quello della proroga di un governo in
carica, perché il nuovo parlamento non è in grado di produrre una maggioranza.
È il caso incredibile, ma che potrebbe anche verificarsi se
qualcosa andasse storto.
Il presidente avvia le consultazioni di rito. Da queste
ricava la convinzione, sulla base delle dichiarazioni ricevute, che una maggioranza
sia possibile, allora dà un incarico e lascia che si formi un governo, che
presterà giuramento.
Per prassi il presidente a questo punto firma il decreto di
accettazione delle dimissioni del governo Monti.
Qualcosa va storto perché la situazione è al limite o perché
qualcuno alle consultazioni esprime un pare e poi cambia idea ed alle camere il
voto di fiducia non arriva.
A questo punto il governo Monti non c’è più e quello nuovo
ha giurato ma non ha la fiducia cioè è un governo di minoranza sfiduciato.
Il presidente potrebbe incaricarlo della gestione degli
affari correnti.
Situazione bizantina, ma possibile. Si spera che non si
arrivi a tanto.
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