giovedì 16 maggio 2013

Berlusconi non accetta di essere uguale a qualsiasi cittadino di fronte al suo giudice naturale. Questa è una ulteriore deriva del PDL verso la rappresentanza politica della cultura para- fascista




Il Capo non è un cittadino come gli altri, lui ha avuto i consensi  elettorali per essere il capo e quindi con questo è divenuto diverso da tutti gli altri e sopra la legge.
“Nessuna sentenza e nessuna prepotenza della magistratura potrà impedirmi di essere capo di un popolo che mi elegge con milioni di voti” disse Berlusconi al comizio di Brescia il 11-5-13.
La teoria per la quale un cittadino può anche essere un delinquente, che si è macchiato dei peggiori delitti, ad esempio contro la legittima forma costituzionale dello stato, come è stato nei casi dei due grandi dittatori europei del XX secolo, ma  nel momento nel quale viene confortato dal consenso elettorale, sarebbe mondato da ogni peccato è una teoria pericolosissima, che fa parte dell’armamentario della cultura fascista, che non è affatto morta e sepolta insieme al fascismo storico.
I precedenti storici dell’uso di questo ragionamento non sono esaltanti.
Così è stato per Mussolini  nelle elezioni politiche del 6 aprile 1924, quando il partito fascista prese il 60% (Popolari 10%, Socialisti 10%, Comunisti 4%, Liberali 3%  ecc.) e così è stato per Hitler  quando nel novembre 1932 prese il 33%  alle presidenziali, arrivando secondo dopo Hindenburg e quando nel novembre 1933 prese  il 43,9%, arrivando ovviamente primo.
La cultura fascista è sempre viva e vegeta anche oggi, assumendo ovviamente forme attuali molto diverse, rispetto quelle storiche, tanto che  studiosi e cronisti da tempo usano, ad esempio per il Lepenismo francese, il  termine para- fascismo, per distinguerlo da quello storico, che di per sé è irripetibile per definizione.
Oggi infatti le forme sono molto più soffici, dato che nessuno accetterebbe più quelle di allora, che oggi appaiono spesso più ridicole che tragiche, e anche questa è una pericolosa sottovalutazione dei rischi permanenti della eterna cultura fascista per le democrazie.
Lo si è già detto più diffusamente in vari post precedenti, ai quali rimando (10 giugno 2010 – 29 gennaio 2013- 1 aprile 2013), in Europa oggi c’è uno stato comunitario, l’Ungheria, dove è arrivato al potere con regolarissime elezioni il regime populista autoritario e clerico- reazionario di Orban, dove le garanzie, per chi la pensa diversamente, sono di fatto state soppresse e gli stati partner fanno finta di non saperlo e non reagiscono.
Quasi ovunque nel resto d’Europa  la eterna cultura fascista si esprime politicamente in formazioni politiche che navigano fra il 10 e il 20%, che evitano accuratamente saluti romani , simboli fascisti e discorsi troppo radicali, e si presentano  invece con  toni soffici, virili, ma  pacati.
Si buttano a raccogliere i disagi e le reazioni causate dalla globalizzazione, giocando sulla sempre più palese difficoltà delle classi politiche dei partiti tradizionali a governare in modo autorevole ed efficace.
Sono  partiti tagliati su misura per il borghese piccolo- piccolo, che però è orgoglioso della sua posizione sociale e dei suoi piccoli privilegi e che quindi li vuole difendere con le unghie e coi denti dalle insane pretese di socialità dei così detti “comunisti”.
I Fantozzi di tutto il mondo non leggono i giornali, se non quelli che esaltano la squadra del cuore o meno frequentemente il giornale di propaganda del proprio partito, ma  si inebriano invece di televisione, introitata in quantità industriale, non per essere informati di cosa succede nel vasto mondo, ma per essere rassicurati, che nel guscio nel quale si sono rinchiusi, proprio per difendersi da un mondo esterno, che non capiscono e che amano ancor meno, tutto vada nel migliore dei modi, come fra i protagonisti del Candide di Voltaire e che nessuno minaccerà il loro tesoretto di rassicuranti pregiudizi.
Con lo stesso meccanismo per il quale hanno aderito al partito, che beninteso non è nemmeno un partito e che quindi si definisce regolarmente diversissimo da tutti gli altri, sono generalmente cattolici rigidamente tradizionalisti ,che mai metterebbero in discussione quello che dice il papa o il prete di fiducia.
Sono tutte forme diverse del principio di “ricorso all’autorità”, cioè di rifiuto ad esercitare la propria autonomia critica, di rifiuto ad usare della propria responsabilità, cosa che richiede un quotidiano faticoso lavoro di discernimento,  per rifugiarsi nel più comodo mondo, dove tutto è già preconfezionato da altri e da un sistema di dogmi ai quali ci si sottomette.
Ovviamente sono anti- socialisti e quindi si rivolgono in modo preferenziale a una base di piccoli negozianti, artigiani, professionisti e con tutti costoro cavalcano il solito ritornello della impossibile pressione fiscale, provocata dai governi socialisti.
L’unica differenza fra la base di questi movimenti para- fascisti europei e quella del PDL è che in quelli è molto più consistente la componente dei dipendenti pubblici.
Il PDL, furbescamente, per cavalcare con una qualche coerenza la favola del partito personale dell’imprenditore arricchito, sedicente liberale, ha lasciato la cura di questa rappresentanza (il settore pubblico) ai partiti satelliti come la Destra, Fratelli d’Italia e soprattutto le componenti meridionaliste di Lombardo , Miccichè ecc.
Vedendo bene l’ampia platea di scontenti fra i ceti operai, hanno imparato a parlare efficacemente anche a loro, usando gli argomenti xenofobi (gli immigrati vi portano via il posto e quindi cacciamoli via).
Come portatori della cultura para- fascista, cercano regolarmente di acquisire consensi illudendo la platea meno preparata o informata, che gli odierni problemi ultra- complessi si possono risolvere con soluzioni elementari e quindi cavalcano l’anti- Europeismo e l’anti- Euro, l’antagonismo contro i cattivi Tedeschi come la panacea per superare la crisi economica.
Significativa l’ultra semplificazione  operata dal PDL con l’esibizione del regalino del tipo degli specchietti usati da Cristoforo Colombo, per ingraziarsi il  popolo, con la promessa della restituzione dell’Imu, populismo a buon mercato, ma efficacissimo sia sul piano simbolico sia su quello pratico.
In questi movimenti la figura del leader deve essere carismatica, forte e richiamare quella  del padre, importantissima tecnica questa, per manipolare l’opinione pubblica, utilizzando la teoria del transfer di Freud.
Trattandosi di una componente essenziale nell’armamentario della  cultura para- fascista riporto di seguito la definizione che si trova su Wikipedia :”Il transfert (o traslazione) è un meccanismo mentale per il quale l'individuo tende a spostare schemi di sentimenti e pensieri da una relazione significante passata a una persona coinvolta in una relazione interpersonale attuale. Il processo è largamente inconscio, il soggetto non comprende completamente da dove si originino tali emozioni, sentimenti e pensieri. Il transfert è fortemente connesso alle relazioni oggettuali della nostra infanzia e le ricalca”.
Berlusconi in Italia, Marie Lepen in Francia, Joerg Heider e successori in Austria, Victor Orban in Ungheria, Vlaams Blok  e Pim Fortuyn nei paesi fiamminghi, Christoph Blocher in Svizzera, Geert Wilders in Olanda, eccetera giocano tutti su questi meccanismi.
La cultura para- fascista non essendo ovviamente troppo compatibile con modo di pensare degli intellettuali, critico per definizione, ha da sempre poca diffusione fra le fasce più colte, fra le quali per passare occorre che le idee portate da quei movimenti abbiano una loro intrinseca validità razionale, e quindi questi movimenti che offrono idee debolucce e datate si giocano la conquista del consenso sull’efficacia nell’uso dei mezzi di propaganda.
E qui Berlusconi ha un vantaggio competitivo pazzesco, tanto pazzesco da essere del tutto incompatibile con le forme delle democrazie moderne, tanto che una legge dello stato italiano stabilisce la ineleggibilità di chi gestisce servizi pubblici in concessione come le frequenze televisive (n.361/1957), mai applicata per il miope  calcolo politico dei suoi avversari che hanno sempre pensato che sarebbe stato più utile per loro conservarsela come strumento di ricatto.
Sull’efficacia determinante della proprietà o del controllo di quasi tutti i mezzi di comunicazione per portare e riconfermare al governo un personaggio considerato un volgare buffone dai media e dalle cancellerie del  resto d’Europa, è inutile spendere ulteriori parole, provatevi a digitare Berlusconi buffone d’Europa su “Google immagini” e avrete una sterminata documentazione a vostra disposizione, rimando quindi a quanto esposto nel già sopra citato post del 10 giugno 2010.
Riporto solo i punti fondamentali che sottolineano come Berlusconi il sedicente liberale abbia impostato la sua propaganda per anni copiando di fatto  gli elementi fondamentali che erano della propaganda fascista:
- anzitutto la posizione di possesso o di controllo di quasi tutti i mezzi di comunicazione usata con abilità ha un peso determinante anche se la libertà si stampa è formalmente esistente è fuori discussione che diffondere la propria propaganda con i mezzi più seguiti ed efficaci come le televisioni quasi tutte al suo servizio non è ancora fuori dai binari della democrazia ma è già all’estremo limite;
Anche Mussolini aveva usato grande abilità nell’uso dei mezzi allora più efficaci come la neonata radio che arrivava anche nel più sperduti paesi;
-ma quello che è più inquietante è il fatto che le tecniche di propaganda sembrano ricalcate tante sono simili :
-parlare alla pancia e non alla testa
-parlare per slogan semplici  (credere, obbedire, combattere – non metteremo mai le mani nelle tasche degli italiani)
-fare richiami diretti o meglio inconsci  ai sentimenti ed ai pregiudizi e filtrare le notizie per dare un taglio di fondo che privilegi l’evasione strappando la gente dalle durezze dei problemi quotidiani
(Mussolini raggiungeva lo stesso scopo, se pure in scala ridotta per ragioni di sviluppo tecnologico, con le serie cinematografiche dei “telefoni bianchi”, la filosofia è la stessa).
E’ il vecchissimo trucco del “panis set circenses”
-preoccuparsi di “sentire il polso” del paese costantemente per potere manipolarlo in tempo utile (si pensi alla dipendenza di Berlusconi dai sondaggi quasi quotidiani, Mussolini con i mezzi di allora iniziava la giornata con un giro di telefonate ai prefetti con lo stesso scopo).
-“le folle non hanno bisogno di sapere ma di credere” diceva Mussolini e Berlusconi aveva fatto predisporre i suoi schemi interni di propaganda per gli attivisti- venditori proprio indicando come obiettivo un pubblico poco colto e poco reattivo al quale occorreva servire concetti semplici, semplici, se non  avrebbero capito
-creazione del mito dell’ “io sono uno di voi”, venuto dalla gavetta, nel quale ognuno si possa rispecchiare, un concentrato di tutti i vizi nazionali, ma uno che è riuscito e che quindi si deve presentare con la magnificenza dei palazzi e delle ville adeguate, per sottolineare lo stato che ha acquisito. (palazzo Venezia e Villa Torlonia un tempo, palazzo  Grazioli ed  Villa ad Arcore oggi).
E’ questa una tecnica irrazionale ma molto efficace, mirata ad indurre qualsiasi poveraccio ad illudersi che  se quello c’è riuscito, non c’è ragione che non possa riuscirci anche lui.
In psicologia cognitiva è indicata come la teoria “delle due corsie” (se uno è fermo in colonna in galleria, ma vede alla sua sinistra le altre auto nella corsia di sorpasso che vanno, per un meccanismo inconscio, non si ribella, ma si sente rassicurato che prima o poi toccherà anche a lui andare avanti)
-il culto della personalità del capo, il sempre giovane, l’icona del vitalismo, che si estrinseca in una attività sessuale fuori dal normale ed in una capacità di lavoro straordinaria (le luci di Palazzo Venezia che non si spegnevano quasi mai)
La persona del capo come elemento determinante e identificante ribadita con mezzo elementare ma efficace per il suo pubblico delle canzoncine di propaganda.
(Giovinezza, giovinezza, primavera di bellezza…il tuo canto squilla e va per Benito Mussolini –
Meno male che Silvio c’è, Viva l’Italia che ha scelto – chi non salta comunista è)
-il capo è il padre di tutti gli italiani, come si è già detto sopra, il padre rassicura ed è l’icona dell’autorità, colui che pensa anche per noi, è uno al quale si perdonano molti peccati perché è il padre,in lui sentimento,autorità e tradizione si fondono è veramente un simbolo efficacissimo, al quale ricorrono da sempre tutti i dittatori o  i populisti.
-l’estremizzazione della dialettica politica convincendo la gente che non si è contrapposti ad avversari normali, ma a nemici che ci minacciano.
Da qui gli atteggiamenti ripetuti di con i quali si invoca il complottismo contro “di noi” e si ricorre continuamente al vittimismo (le toghe rosse, la campagna di odio contro di “noi”).
Allora i nemici che complottavano erano i socialisti e si finì  col delitto Matteotti.
-il populismo berlusconiano per di più ha dei caratteri peculiari che sono anche peggio di quelli degli altri movimenti europei che alimentano la cultura para-fascita, che vengono poco stigmatizzati,  anche dai pochissimi giornali schierati all’ opposizione.
Mi riferisco al fatto che essendo il partito di Berlusconi nato come partito padronale, gran parte dei quadri inziali erano tratti di sana pianta dalle società del capo.
La cosa assolutamente anomala è che  tutt’ora cioè quasi vent’anni dopo, un numero molto elevato di quadri e di parlamentari sono direttamente o indirettamente a libro paga, nel senso che gestiscono attività economiche direttamente o indirettamente connesse con le aziende del capo, tipo agenzie di pubblicità ecc. o dal capo ricevono il pagamento di parcelle molto elevate come la schiera dei suoi avvocati trasferiti in parlamento.
Ne consegue che il grado di dipendenza e di subordinazione di costoro verso il capo non è di tipo politico ma prima ancora economico e questo quadra poco con le normali regole democratiche.
E allora, se le similitudini col fascismo storico sono così inquietanti, e gli elementi al limite fra la democrazia e il suo contrario crescono, siamo destinati a tornare al fascismo?
Per ora, evidentemente, no, perché il quadro complessivo delle istituzioni democratiche ancora regge, ma sarebbe sciocco sottovalutare, che in molti settori anche se la forma democratica sussiste è tutto tirato al limite estremo, solo un passo in più e siamo fuori.
Questa  è la situazione della cultura para -  fascista, che trova sbocchi in politica sempre più ampi.
Il tema specifico dei processi di Berlusconi e del suo tentativo di sottrarsi al giudice naturale, è uno degli elementi più pericolosi in questa deriva continua verso l’accoglimento progressivo di una cultura para- fascista.
Belzebù Andreotti ne ha fatte tante e grosse, ma gli sia dato almeno l’onore di avere affrontato processi con accuse altrettanto infamanti di quelli a carico di Berlusconi con grande dignità e soprattutto, questa è l’enorme differenza, senza fare uso del suo potere per uscire dalla  condizione di eguaglianza con gli altri cittadini di fronte alla legge.
Qui sta l’alimentazione della cultura para- fascista da parte di Berlusconi e qui sta l’aspetto tragico della cosa quando dobbiamo constatare che il suo popolo lo sostiene e lo esalta anche quando non si capisce del tutto se porta al limite le normali procedure della democrazia o se né già uscito.
Questo è l’elemento da monitorare.
Perché può anche darsi benissimo che il suo scopo sia banalmente quello privato di schivare processi e condanne e favorire le sue aziende, ma non si deve affatto trascurare il fatto che obiettivamente c’è una sequela di fatti da lui provocati che inducono la gente a sopportare o nel caso dei suoi seguaci a supportare azioni già più fuori che dentro dai normali canali democratici.
Cioè in parole semplici e piane si spinge obiettivamente la gente ad abituarsi a scenari che sono fuori dalle normali democrazie rappresentative e addirittura si spingono i seguaci ad accettare e difendere attivamente situazioni sempre più incompatibili con la democrazia.
Vediamoli questi fatti.
Si pensa di svicolare dal dovuto rendiconto alla giustizia utilizzando, abbiamo detto, il “transfer del padre”,  per mettere la figura del capo al di sopra di quelli che per le procure e i tribunali sono delitti e che invece i suoi fedeli  derubricano, come si dice con gergo avvocatesco  a “marachelle di uno stravagante riccone”, come dice il Vate di quel Regime, Giuliano Ferrara.  
Il principio dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge è brutalmente calpestato quando l’imputato Berlusconi usa il suo impero mediatico per fare precedere la requisitoria del pubblico ministero del processo Ruby da uno sceneggiato di due ore per anticipare le tesi  dell’arringa difensiva, che poi, come pura formalità, il suo collegio difensivo svolgerà in tribunale.
Dopo di questo fatto il suo processo non è più equo, l’imputato, che, come il Marchese del Grillo può permettersi di proclamare con una audience di più di 1 milione di persone “io sono io e voi non siete un c…” scippa a tutti noi la garanzia giuridica più elementare.
Le autorità di garanzia, Quirinale in testa   e il Presidente del governo dell’inciucio non hanno reagito se non e solo da parte di Enrico Letta con una debole frasetta di circostanza.
Solo in questi ultimi tempi le manifestazioni che si potrebbero qualificare come “eversive “ se non “adunate sediziose” si stanno moltiplicando da parte del PDL, con una regia stabilita a tavolino.
Si pensi alla intimidazione operata con la adunata del gruppo parlamentare del PDL al Tribunale di Milano.
Si pensi al già citato comizio a Brescia in chiave anti-magistratura, appena prima della requisitoria della Boccassini.
Si pensi all’insulto lanciato da Berlusconi in persona  a Enzo Tortora alle sue figlie e compagna.
Ed è facile prevedere questo che sarà solo l’inizio.
Queste forme di padronale arroganza con le quali Berlusconi sta degenerando nella cultura para- fascista sono ancora peggiori di quelle del normale arsenale europeo di tipo lepenista, sia a causa delle dimensioni inquietanti del suo seguito elettorale, sia a causa della influenza del suo apparato mediatico  che lo mette in condizioni di vantaggio competitivo sproporzionato e questo  solo fatto altera il gioco democratico.
Le altre formazioni populiste, para- fasciste europee  non godono del vantaggio di questi due elementi.
Se poi pensiamo che se il nostro non è ancora gravato da condanne penali definitive probabilmente perché ha potuto usufruire di leggi “ad personam”, che hanno stravolto ad arte i codici penale e di procedura penale a favore delle sue esigenze  processuali, vediamo che il principio  dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge è stato da tempo sistematicamente stravolto (se volete rinfrescarvi la memoria con l’elenco completo,eccolo:
E non consola affatto la constatazione che se il PDL, con alleati  vari compresi i neo fascisti aperti, è dato addirittura al 35%  il merito non è suo, ma è dovuto alla incapacità dei suoi avversari, perché così era stato anche nella Repubblica di Weimar e nell’Italia di Facta.
Ci stiamo avviando ad una situazione nella quale si fronteggeranno il para- fascismo berlusconiano da una parte e dall’altra un grillismo, che comincia a non bastare più per contenere la rabbia che monta di giorno in  giorno.
In mezzo:  una palude di screditati ex  partiti storici in disfacimento.
Si parla troppo poco della enorme massa di sfiduciati, scontenti, umiliati, che sono i senza lavoro, i male occupati in posizioni umilianti, le partite Iva cronicamente ridotte alla pura sopravvivenza senza margini né prospettive, i giovani che si sentono traditi e trascurati dagli occupati garantiti.
Se tutti costoro decidessero di scendere in piazza, non sarebbe per fare dei discorsi.
Strati crescenti di popolazione cominciano a rendersi conto, se pure lentamente ed in ritardo, di essere stati presi per i fondelli per decenni.
C’è ancora il benessere, ma sempre meno per tutti.
La disuguaglianza si allarga e molti ne hanno piene le tasche di pagare le tasse per quelli che le evadono e poi ti sfrecciano in fianco arrogantemente con i loro suv, spropositati nelle dimensioni e nei prezzi.
Queste quotidiane arroganti ostentazioni di simboli di stato saranno sempre più avvertite come provocazioni da un sempre maggiore numero di persone.
Il ricorso alla piazza dei berluscones per motivi così palesemente privati e senza alcun legame, anzi in contrasto con l’interesse pubblico, in questo momento di disgregazione e di grande sofferenza sociale, potrebbe essere il primo, ma catastrofico errore di valutazione del vecchio capo.
Perché la loro andata in piazza potrebbe essere interpretata come un provocazione -invito a chi coltiva una rabbia feroce, ma finora repressa, a trovare il modo di scaricare le loro frustrazioni nel più  ancestrale e primitivo dei modi.
E cosa è sempre successo, non solo in Italia, quando si sono presentate situazioni del genere, di caos, di cultura para fascista in crescita da una pare, e di rabbia popolare dall’altro, che prima o poi finiscono per confrontarsi?
Qualcuno, di colore politico indefinibile, ha giocato   in passato con prontezza la carta del terrore, per provocare la presunta reazione popolare, usata come albi per l’adozione immediata di metodi duri per riportare la famosa “sicurezza nelle strade”, argomento principe sempre usato dalle destre di tutto il mondo per coprire le peggiori nefandezze.
Ho letto con raccapriccio, ma non con sorpresa, ieri mattina su un giornale, la rievocazione non casuale del golpe operato dai colonnelli greci del 21 aprile 1967, un giorno qualunque alle due di notte.
Allora tutto successe in Grecia perché la gente aveva avvertito che la democrazia formale, ma corrotta e inconcludente aveva permesso troppe cose che non avrebbe dovuto permettere.
Oggi in Italia dopo vent’anni di regime consociativo costruito sull’alleanza mascherata ma di fatto in atto da lunga data fra berlusconismo e un finto centro sinistra, ha cancellato non solo la presenza di una opposizione vera, ma anche, a giudizio di molti studiosi, di una opinione pubblica.
Alla degenerazione della classe politica dovrebbe normalmente sopperire una viva società civile.
Ma purtroppo ci ritroviamo con una  società civile  popolata  da tanti, troppi comandanti Schettino.
Una società civile che ha dimenticato il suo diritto- dovere di reagire alla sopraffazione e all’ingiustizia.
Si pensi al caso di tre giorni fa a Milano- Niguarda.
Un cittadino esce di casa, viene preso a  pugni e se ne torna a casa senza curarsi di rivolgersi alla polizia.
Poco dopo un altro cittadino poco lontano si becca una sprangata che lo mette a terra e che avrebbe potuto ammazzarlo, rinviene e se ne torna a casa senza denunciare.
Come si fa a non pensar male di fronte a fatti del genere.
Con una società del genere, politici senza scrupoli sono autorizzati a fare quello che vogliono.















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