Il Capo non è un cittadino come gli altri, lui ha avuto i
consensi elettorali per essere il capo e
quindi con questo è divenuto diverso da tutti gli altri e sopra la legge.
“Nessuna
sentenza e nessuna prepotenza della magistratura potrà impedirmi di essere capo
di un popolo che mi elegge con milioni di voti” disse Berlusconi al comizio di
Brescia il 11-5-13.
La teoria per la quale un cittadino può anche essere un
delinquente, che si è macchiato dei peggiori delitti, ad esempio contro la
legittima forma costituzionale dello stato, come è stato nei casi dei due grandi
dittatori europei del XX secolo, ma nel
momento nel quale viene confortato dal consenso elettorale, sarebbe mondato da
ogni peccato è una teoria pericolosissima, che fa parte dell’armamentario della
cultura fascista, che non è affatto morta e sepolta insieme al fascismo
storico.
I precedenti storici dell’uso di questo ragionamento non
sono esaltanti.
Così è stato per Mussolini
nelle elezioni politiche del 6 aprile 1924, quando il partito fascista
prese il 60% (Popolari 10%, Socialisti 10%, Comunisti 4%, Liberali 3% ecc.) e così è stato per Hitler quando nel novembre 1932 prese il 33% alle presidenziali, arrivando secondo dopo
Hindenburg e quando nel novembre 1933 prese il 43,9%, arrivando ovviamente primo.
La cultura fascista è sempre viva e vegeta anche oggi, assumendo
ovviamente forme attuali molto diverse, rispetto quelle storiche, tanto che studiosi e cronisti da tempo usano, ad esempio
per il Lepenismo francese, il termine
para- fascismo, per distinguerlo da quello storico, che di per sé è irripetibile
per definizione.
Oggi infatti le forme sono molto più soffici, dato che
nessuno accetterebbe più quelle di allora, che oggi appaiono spesso più
ridicole che tragiche, e anche questa è una pericolosa sottovalutazione dei
rischi permanenti della eterna cultura fascista per le democrazie.
Lo si è già detto più diffusamente in vari post precedenti,
ai quali rimando (10 giugno 2010 – 29 gennaio 2013- 1 aprile 2013), in Europa
oggi c’è uno stato comunitario, l’Ungheria, dove è arrivato al potere con regolarissime
elezioni il regime populista autoritario e clerico- reazionario di Orban, dove
le garanzie, per chi la pensa diversamente, sono di fatto state soppresse e gli
stati partner fanno finta di non saperlo e non reagiscono.
Quasi ovunque nel resto d’Europa la eterna cultura fascista si esprime
politicamente in formazioni politiche che navigano fra il 10 e il 20%, che
evitano accuratamente saluti romani , simboli fascisti e discorsi troppo
radicali, e si presentano invece
con toni soffici, virili, ma pacati.
Si buttano a raccogliere i disagi e le reazioni causate
dalla globalizzazione, giocando sulla sempre più palese difficoltà delle classi
politiche dei partiti tradizionali a governare in modo autorevole ed efficace.
Sono partiti tagliati
su misura per il borghese piccolo- piccolo, che però è orgoglioso della sua
posizione sociale e dei suoi piccoli privilegi e che quindi li vuole difendere
con le unghie e coi denti dalle insane pretese di socialità dei così detti “comunisti”.
I Fantozzi di tutto il mondo non leggono i giornali, se non
quelli che esaltano la squadra del cuore o meno frequentemente il giornale di
propaganda del proprio partito, ma si
inebriano invece di televisione, introitata in quantità industriale, non per
essere informati di cosa succede nel vasto mondo, ma per essere rassicurati,
che nel guscio nel quale si sono rinchiusi, proprio per difendersi da un mondo
esterno, che non capiscono e che amano ancor meno, tutto vada nel migliore dei
modi, come fra i protagonisti del Candide di Voltaire e che nessuno minaccerà il
loro tesoretto di rassicuranti pregiudizi.
Con lo stesso meccanismo per il quale hanno aderito al partito,
che beninteso non è nemmeno un partito e che quindi si definisce regolarmente
diversissimo da tutti gli altri, sono generalmente cattolici rigidamente
tradizionalisti ,che mai metterebbero in discussione quello che dice il papa o
il prete di fiducia.
Sono tutte forme diverse del principio di “ricorso
all’autorità”, cioè di rifiuto ad esercitare la propria autonomia critica, di
rifiuto ad usare della propria responsabilità, cosa che richiede un quotidiano
faticoso lavoro di discernimento, per
rifugiarsi nel più comodo mondo, dove tutto è già preconfezionato da altri e da
un sistema di dogmi ai quali ci si sottomette.
Ovviamente sono anti- socialisti e quindi si rivolgono in
modo preferenziale a una base di piccoli negozianti, artigiani, professionisti e
con tutti costoro cavalcano il solito ritornello della impossibile pressione
fiscale, provocata dai governi socialisti.
L’unica differenza fra la base di questi movimenti para-
fascisti europei e quella del PDL è che in quelli è molto più consistente la
componente dei dipendenti pubblici.
Il PDL, furbescamente, per cavalcare con una qualche
coerenza la favola del partito personale dell’imprenditore arricchito,
sedicente liberale, ha lasciato la cura di questa rappresentanza (il settore pubblico)
ai partiti satelliti come la Destra, Fratelli d’Italia e soprattutto le
componenti meridionaliste di Lombardo , Miccichè ecc.
Vedendo bene l’ampia platea di scontenti fra i ceti operai,
hanno imparato a parlare efficacemente anche a loro, usando gli argomenti xenofobi
(gli immigrati vi portano via il posto e quindi cacciamoli via).
Come portatori della cultura para- fascista, cercano
regolarmente di acquisire consensi illudendo la platea meno preparata o
informata, che gli odierni problemi ultra- complessi si possono risolvere con
soluzioni elementari e quindi cavalcano l’anti- Europeismo e l’anti- Euro, l’antagonismo
contro i cattivi Tedeschi come la panacea per superare la crisi economica.
Significativa l’ultra semplificazione operata dal PDL con l’esibizione del regalino
del tipo degli specchietti usati da Cristoforo Colombo, per ingraziarsi il popolo, con la promessa della restituzione
dell’Imu, populismo a buon mercato, ma efficacissimo sia sul piano simbolico
sia su quello pratico.
In questi movimenti la figura del leader deve essere
carismatica, forte e richiamare quella
del padre, importantissima tecnica questa, per manipolare l’opinione
pubblica, utilizzando la teoria del transfer di Freud.
Trattandosi di una componente essenziale nell’armamentario
della cultura para- fascista riporto di
seguito la definizione che si trova su Wikipedia :”Il transfert (o traslazione) è un meccanismo mentale per
il quale l'individuo tende a spostare schemi di sentimenti e
pensieri da una relazione significante passata a una persona coinvolta in una
relazione interpersonale attuale. Il processo è largamente inconscio, il
soggetto non comprende completamente da dove si originino tali emozioni,
sentimenti e pensieri. Il transfert è fortemente connesso alle relazioni
oggettuali della nostra infanzia e le ricalca”.
Berlusconi in Italia, Marie Lepen in Francia, Joerg Heider e
successori in Austria, Victor Orban in Ungheria, Vlaams Blok e Pim Fortuyn nei paesi fiamminghi, Christoph
Blocher in Svizzera, Geert Wilders in Olanda, eccetera giocano tutti su questi
meccanismi.
La cultura para- fascista non essendo ovviamente troppo
compatibile con modo di pensare degli intellettuali, critico per definizione,
ha da sempre poca diffusione fra le fasce più colte, fra le quali per passare
occorre che le idee portate da quei movimenti abbiano una loro intrinseca
validità razionale, e quindi questi movimenti che offrono idee debolucce e
datate si giocano la conquista del consenso sull’efficacia nell’uso dei mezzi
di propaganda.
E qui Berlusconi ha un vantaggio competitivo pazzesco, tanto
pazzesco da essere del tutto incompatibile con le forme delle democrazie
moderne, tanto che una legge dello stato italiano stabilisce la ineleggibilità
di chi gestisce servizi pubblici in concessione come le frequenze televisive
(n.361/1957), mai applicata per il miope
calcolo politico dei suoi avversari che hanno sempre pensato che sarebbe
stato più utile per loro conservarsela come strumento di ricatto.
Sull’efficacia determinante della proprietà o del controllo
di quasi tutti i mezzi di comunicazione per portare e riconfermare al governo
un personaggio considerato un volgare buffone dai media e dalle cancellerie del resto d’Europa, è inutile spendere ulteriori
parole, provatevi a digitare Berlusconi buffone d’Europa su “Google immagini” e
avrete una sterminata documentazione a vostra disposizione, rimando quindi a
quanto esposto nel già sopra citato post del 10 giugno 2010.
Riporto solo i punti fondamentali che sottolineano come
Berlusconi il sedicente liberale abbia impostato la sua propaganda per anni
copiando di fatto gli elementi
fondamentali che erano della propaganda fascista:
- anzitutto la posizione di possesso o di controllo di quasi
tutti i mezzi di comunicazione usata con abilità ha un peso determinante anche
se la libertà si stampa è formalmente esistente è fuori discussione che
diffondere la propria propaganda con i mezzi più seguiti ed efficaci come le
televisioni quasi tutte al suo servizio non è ancora fuori dai binari della
democrazia ma è già all’estremo limite;
Anche Mussolini aveva usato grande abilità nell’uso dei
mezzi allora più efficaci come la neonata radio che arrivava anche nel più
sperduti paesi;
-ma quello che è più inquietante è il fatto che le tecniche
di propaganda sembrano ricalcate tante sono simili :
-parlare alla pancia e non alla testa
-parlare per slogan semplici (credere, obbedire, combattere – non metteremo
mai le mani nelle tasche degli italiani)
-fare richiami diretti o meglio inconsci ai sentimenti ed ai pregiudizi e filtrare le
notizie per dare un taglio di fondo che privilegi l’evasione strappando la
gente dalle durezze dei problemi quotidiani
(Mussolini raggiungeva lo stesso scopo, se pure in scala
ridotta per ragioni di sviluppo tecnologico, con le serie cinematografiche dei
“telefoni bianchi”, la filosofia è la stessa).
E’ il vecchissimo trucco del “panis set circenses”
-preoccuparsi di “sentire il polso” del paese costantemente
per potere manipolarlo in tempo utile (si pensi alla dipendenza di Berlusconi
dai sondaggi quasi quotidiani, Mussolini con i mezzi di allora iniziava la
giornata con un giro di telefonate ai prefetti con lo stesso scopo).
-“le folle non hanno bisogno di sapere ma di credere” diceva
Mussolini e Berlusconi aveva fatto predisporre i suoi schemi interni di
propaganda per gli attivisti- venditori proprio indicando come obiettivo un
pubblico poco colto e poco reattivo al quale occorreva servire concetti
semplici, semplici, se non avrebbero
capito
-creazione del mito dell’ “io sono uno di voi”, venuto dalla
gavetta, nel quale ognuno si possa rispecchiare, un concentrato di tutti i vizi
nazionali, ma uno che è riuscito e che quindi si deve presentare con la
magnificenza dei palazzi e delle ville adeguate, per sottolineare lo stato che
ha acquisito. (palazzo Venezia e Villa Torlonia un tempo, palazzo Grazioli ed
Villa ad Arcore oggi).
E’ questa una tecnica irrazionale ma molto efficace, mirata
ad indurre qualsiasi poveraccio ad illudersi che se quello c’è riuscito, non c’è ragione che non
possa riuscirci anche lui.
In psicologia cognitiva è indicata come la teoria “delle due
corsie” (se uno è fermo in colonna in galleria, ma vede alla sua sinistra le
altre auto nella corsia di sorpasso che vanno, per un meccanismo inconscio, non
si ribella, ma si sente rassicurato che prima o poi toccherà anche a lui andare
avanti)
-il culto della personalità del capo, il sempre giovane,
l’icona del vitalismo, che si estrinseca in una attività sessuale fuori dal
normale ed in una capacità di lavoro straordinaria (le luci di Palazzo Venezia che
non si spegnevano quasi mai)
La persona del capo come elemento determinante e
identificante ribadita con mezzo elementare ma efficace per il suo pubblico
delle canzoncine di propaganda.
(Giovinezza, giovinezza, primavera di bellezza…il tuo canto
squilla e va per Benito Mussolini –
Meno male che Silvio c’è, Viva l’Italia che ha scelto – chi
non salta comunista è)
-il capo è il padre di tutti gli italiani, come si è già
detto sopra, il padre rassicura ed è l’icona dell’autorità, colui che pensa
anche per noi, è uno al quale si perdonano molti peccati perché è il padre,in
lui sentimento,autorità e tradizione si fondono è veramente un simbolo
efficacissimo, al quale ricorrono da sempre tutti i dittatori o i populisti.
-l’estremizzazione della dialettica politica convincendo la
gente che non si è contrapposti ad avversari normali, ma a nemici che ci
minacciano.
Da qui gli atteggiamenti ripetuti di con i quali si invoca
il complottismo contro “di noi” e si ricorre continuamente al vittimismo (le
toghe rosse, la campagna di odio contro di “noi”).
Allora i nemici che complottavano erano i socialisti e si
finì col delitto Matteotti.
-il populismo berlusconiano per di più ha dei caratteri
peculiari che sono anche peggio di quelli degli altri movimenti europei che
alimentano la cultura para-fascita, che vengono poco stigmatizzati, anche dai pochissimi giornali schierati all’
opposizione.
Mi riferisco al fatto che essendo il partito di Berlusconi
nato come partito padronale, gran parte dei quadri inziali erano tratti di sana
pianta dalle società del capo.
La cosa assolutamente anomala è che tutt’ora cioè quasi vent’anni dopo, un numero
molto elevato di quadri e di parlamentari sono direttamente o indirettamente a
libro paga, nel senso che gestiscono attività economiche direttamente o
indirettamente connesse con le aziende del capo, tipo agenzie di pubblicità
ecc. o dal capo ricevono il pagamento di parcelle molto elevate come la schiera
dei suoi avvocati trasferiti in parlamento.
Ne consegue che il grado di dipendenza e di subordinazione di
costoro verso il capo non è di tipo politico ma prima ancora economico e questo
quadra poco con le normali regole democratiche.
E allora, se le similitudini col fascismo storico sono così inquietanti,
e gli elementi al limite fra la democrazia e il suo contrario crescono, siamo destinati
a tornare al fascismo?
Per ora, evidentemente, no, perché il quadro complessivo
delle istituzioni democratiche ancora regge, ma sarebbe sciocco sottovalutare,
che in molti settori anche se la forma democratica sussiste è tutto tirato al
limite estremo, solo un passo in più e siamo fuori.
Questa è la
situazione della cultura para -
fascista, che trova sbocchi in politica sempre più ampi.
Il tema specifico dei processi di Berlusconi e del suo
tentativo di sottrarsi al giudice naturale, è uno degli elementi più pericolosi
in questa deriva continua verso l’accoglimento progressivo di una cultura para-
fascista.
Belzebù Andreotti ne ha fatte tante e grosse, ma gli sia
dato almeno l’onore di avere affrontato processi con accuse altrettanto
infamanti di quelli a carico di Berlusconi con grande dignità e soprattutto,
questa è l’enorme differenza, senza fare uso del suo potere per uscire
dalla condizione di eguaglianza con gli
altri cittadini di fronte alla legge.
Qui sta l’alimentazione della cultura para- fascista da
parte di Berlusconi e qui sta l’aspetto tragico della cosa quando dobbiamo constatare
che il suo popolo lo sostiene e lo esalta anche quando non si capisce del tutto
se porta al limite le normali procedure della democrazia o se né già uscito.
Questo è l’elemento da monitorare.
Perché può anche darsi benissimo che il suo scopo sia
banalmente quello privato di schivare processi e condanne e favorire le sue
aziende, ma non si deve affatto trascurare il fatto che obiettivamente c’è una
sequela di fatti da lui provocati che inducono la gente a sopportare o nel caso
dei suoi seguaci a supportare azioni già più fuori che dentro dai normali
canali democratici.
Cioè in parole semplici e piane si spinge obiettivamente la
gente ad abituarsi a scenari che sono fuori dalle normali democrazie
rappresentative e addirittura si spingono i seguaci ad accettare e difendere
attivamente situazioni sempre più incompatibili con la democrazia.
Vediamoli questi fatti.
Si pensa di svicolare dal dovuto rendiconto alla giustizia
utilizzando, abbiamo detto, il “transfer del padre”, per mettere la figura del capo al di sopra di
quelli che per le procure e i tribunali sono delitti e che invece i suoi
fedeli derubricano, come si dice con
gergo avvocatesco a “marachelle di uno stravagante
riccone”, come dice il Vate di quel Regime, Giuliano Ferrara.
Il principio dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla
legge è brutalmente calpestato quando l’imputato Berlusconi usa il suo impero
mediatico per fare precedere la requisitoria del pubblico ministero del
processo Ruby da uno sceneggiato di due ore per anticipare le tesi dell’arringa difensiva, che poi, come pura
formalità, il suo collegio difensivo svolgerà in tribunale.
Dopo di questo fatto il suo processo non è più equo,
l’imputato, che, come il Marchese del Grillo può permettersi di proclamare con
una audience di più di 1 milione di persone “io sono io e voi non siete un c…”
scippa a tutti noi la garanzia giuridica più elementare.
Le autorità di garanzia, Quirinale in testa e il
Presidente del governo dell’inciucio non hanno reagito se non e solo da parte
di Enrico Letta con una debole frasetta di circostanza.
Solo in questi ultimi tempi le manifestazioni che si
potrebbero qualificare come “eversive “ se non “adunate sediziose” si stanno
moltiplicando da parte del PDL, con una regia stabilita a tavolino.
Si pensi alla intimidazione operata con la adunata del
gruppo parlamentare del PDL al Tribunale di Milano.
Si pensi al già citato comizio a Brescia in chiave
anti-magistratura, appena prima della requisitoria della Boccassini.
Si pensi all’insulto lanciato da Berlusconi in persona a Enzo Tortora alle sue figlie e compagna.
Ed è facile prevedere questo che sarà solo l’inizio.
Queste forme di padronale arroganza con le quali Berlusconi sta
degenerando nella cultura para- fascista sono ancora peggiori di quelle del
normale arsenale europeo di tipo lepenista, sia a causa delle dimensioni
inquietanti del suo seguito elettorale, sia a causa della influenza del suo
apparato mediatico che lo mette in
condizioni di vantaggio competitivo sproporzionato e questo solo fatto altera il gioco democratico.
Le altre formazioni populiste, para- fasciste europee non godono del vantaggio di questi due
elementi.
Se poi pensiamo che se il nostro non è ancora gravato da
condanne penali definitive probabilmente perché ha potuto usufruire di leggi “ad
personam”, che hanno stravolto ad arte i codici penale e di procedura penale a
favore delle sue esigenze processuali,
vediamo che il principio dell’uguaglianza
dei cittadini di fronte alla legge è stato da tempo sistematicamente stravolto
(se volete rinfrescarvi la memoria con l’elenco completo,eccolo:
E non consola affatto la constatazione che se il PDL, con
alleati vari compresi i neo fascisti
aperti, è dato addirittura al 35% il
merito non è suo, ma è dovuto alla incapacità dei suoi avversari, perché così
era stato anche nella Repubblica di Weimar e nell’Italia di Facta.
Ci stiamo avviando ad una situazione nella quale si
fronteggeranno il para- fascismo berlusconiano da una parte e dall’altra un
grillismo, che comincia a non bastare più per contenere la rabbia che monta di
giorno in giorno.
In mezzo: una palude
di screditati ex partiti storici in
disfacimento.
Si parla troppo poco della enorme massa di sfiduciati,
scontenti, umiliati, che sono i senza lavoro, i male occupati in posizioni
umilianti, le partite Iva cronicamente ridotte alla pura sopravvivenza senza
margini né prospettive, i giovani che si sentono traditi e trascurati dagli
occupati garantiti.
Se tutti costoro decidessero di scendere in piazza, non
sarebbe per fare dei discorsi.
Strati crescenti di popolazione cominciano a rendersi conto,
se pure lentamente ed in ritardo, di essere stati presi per i fondelli per
decenni.
C’è ancora il benessere, ma sempre meno per tutti.
La disuguaglianza si allarga e molti ne hanno piene le
tasche di pagare le tasse per quelli che le evadono e poi ti sfrecciano in
fianco arrogantemente con i loro suv, spropositati nelle dimensioni e nei
prezzi.
Queste quotidiane arroganti ostentazioni di simboli di stato
saranno sempre più avvertite come provocazioni da un sempre maggiore numero di
persone.
Il ricorso alla piazza dei berluscones per motivi così palesemente
privati e senza alcun legame, anzi in contrasto con l’interesse pubblico, in
questo momento di disgregazione e di grande sofferenza sociale, potrebbe essere
il primo, ma catastrofico errore di valutazione del vecchio capo.
Perché la loro andata in piazza potrebbe essere interpretata
come un provocazione -invito a chi coltiva una rabbia feroce, ma finora
repressa, a trovare il modo di scaricare le loro frustrazioni nel più ancestrale e primitivo dei modi.
E cosa è sempre successo, non solo in Italia, quando si sono
presentate situazioni del genere, di caos, di cultura para fascista in crescita
da una pare, e di rabbia popolare dall’altro, che prima o poi finiscono per
confrontarsi?
Qualcuno, di colore politico indefinibile, ha giocato in
passato con prontezza la carta del terrore, per provocare la presunta reazione
popolare, usata come albi per l’adozione immediata di metodi duri per riportare
la famosa “sicurezza nelle strade”, argomento principe sempre usato dalle
destre di tutto il mondo per coprire le peggiori nefandezze.
Ho letto con raccapriccio, ma non con sorpresa, ieri mattina
su un giornale, la rievocazione non casuale del golpe operato dai colonnelli
greci del 21 aprile 1967, un giorno qualunque alle due di notte.
Allora tutto successe in Grecia perché la gente aveva
avvertito che la democrazia formale, ma corrotta e inconcludente aveva permesso
troppe cose che non avrebbe dovuto permettere.
Oggi in Italia dopo vent’anni di regime consociativo costruito
sull’alleanza mascherata ma di fatto in atto da lunga data fra berlusconismo e un
finto centro sinistra, ha cancellato non solo la presenza di una opposizione
vera, ma anche, a giudizio di molti studiosi, di una opinione pubblica.
Alla degenerazione della classe politica dovrebbe
normalmente sopperire una viva società civile.
Ma purtroppo ci ritroviamo con una società civile popolata da tanti, troppi comandanti Schettino.
Una società civile che ha dimenticato il suo diritto- dovere
di reagire alla sopraffazione e all’ingiustizia.
Si pensi al caso di tre giorni fa a Milano- Niguarda.
Un cittadino esce di casa, viene preso a pugni e se ne torna a casa senza curarsi di
rivolgersi alla polizia.
Poco dopo un altro cittadino poco lontano si becca una
sprangata che lo mette a terra e che avrebbe potuto ammazzarlo, rinviene e se
ne torna a casa senza denunciare.
Come si fa a non pensar male di fronte a fatti del genere.
Con una società del genere, politici senza scrupoli sono
autorizzati a fare quello che vogliono.
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