lunedì 6 maggio 2013

Il presidentissimo starebbe coltivando discretamente un disegno di lungo periodo in grado di mettere insieme una DC più forte di prima




Ieri Antonio Padellaro, sul Fatto che dirige, ha lanciato questa ipotesi interessante.
A prima vista sembra inverosimile, ma non lo è se solo si pensa alla storia e alle caratteristiche del Presidente, infatti dire che Napolitano è un ex comunista è estremamente riduttivo e  non descrive per  niente la sua storia politica.
Occorre aggiungere che nella storia del PCI prima era stato amendoliano e poi migliorista, cioè sempre aveva aderito all’ala destra del PCI, quindi per circostanze tipicamente italiane, è stato il più a destra dei comunisti, assomigliando più a un democristiano di centro- destra che ai suoi compagni.
Ben inteso in tutto questo non c’è nulla di cui vergognarsi.
Si tratta solo di una posizione al limite, rispettabile come le altre.
Specularmente ed all’opposto è esistita per esempio nel PCI la pattuglia dei cattolici- comunisti, anche questi assolutamente al limite e più che rispettabili.
In ogni caso occorre ancora riconoscere che se veramente il presidentissimo fosse guidato da questo disegno strategico, solo per elaborarlo occorrerebbe un’intelligenza politica di qualità e soprattutto la capacità di fare progetti a lungo termine, cosa quasi inesistente in questa classe politica.
In che cosa consisterebbe questa strategia e soprattutto perché potrebbe essere del tutto verosimile?
La prima ragione sta nel fatto che il pentolone della politica italiana ha fatto saltare il coperchio. Cioè stiamo vivendo un momento politico in cui tutto è possibile mentre nel ventennio o trentennio precedente tutto era rimasto ingessato e immobile, nel senso che alle elezioni che si succedevano i movimenti, gli spostamenti fra le  forze politiche erano dell’ordine dell’1,2 %, il 3% era considerato un terremoto.
Il secondo elemento di verosimiglianza sta nel fatto che uno dei partiti cardine del sistema politico attuale, il PD è esploso al punto che praticamente non esiste più come forza unitaria e nessuno sa come andrà a finire, cioè se tutto si chiarirà in una scissione con centro destra interno (da Fioroni a Veltroni a D’Alema a Renzi) da una parte e centro sinistra interno (prodiani e ex sinistra PCI) dall’altra. 
O, molto più probabilmente, una divisone trasversale giovani- vecchia guardia, senza più rispecchiare le vecchie componenti ex sinistra Dc ed ex PCI.
Dall’altra parte c’è il partito di Berlusconi, il PDL, un PDL, in crescita che ha recuperato, stando si sondaggi, probabilmente soprattutto recuperando gli ex elettori andati a Monti-Casini-Riccardi ed ora delusi.
E’ chiaro a tutti, o perlomeno a chi sappia guardare alle cose con un minimo di distacco e di razionalità, che la leadership di Berlusconi è per mille ragioni a fine corsa, soprattutto per fatto che in quel partito c’è una generazione di mezzo scalpitante, che non è assolutamente di qualità, ma che ne farebbe anche a meno di dover leccare il capo alla mattina, al pomeriggio ed alla sera ed è da tempo in attesa di un’occasione per potere liberarsene, tanto più che nel settore destra –moderata non hanno al momento concorrenti credibili.
Anzi può essere loro di aiuto il fatto che sia attualmente in corso all’interno di quel partito un movimento di chiarificazione nel settore della destra- destra , dove i fascisti ed ex fascisti, che numericamente  sono molto consistenti, soprattutto a livello di presenza territoriale, si stanno riorganizzando per dare vita a una forza autonoma, ritenuta da loro più dignitosa e producente della sottomissione al vecchio satrapo.
Il PD, lo abbiamo detto è al momento in uno stato confusionale assoluto e questa è l’unica ragione per la quale il governo Letta può avere un ragionevole periodo di vita, se pure breve.
Alla nomenclatura del PD, anche se parzialmente rinnovata dalle primarie, andrebbe bene tutto purché si conservino poltrone e relative prebende, tant’è che sono tutti andati in questo governo con Berlusconi che fino a tre giorni prima avevano qualificato come indecente e improponibile.
Ma non essendo del tutto deficienti non possono non sapere che la base sul territorio è in rivolta aperta, i quadri dei circoli nelle varie province,  sanno benissimo che se i vertici nazionali vanno con Berlusconi gli elettori del partito spariscono.
Il gioco quindi non paga più, a che servirebbe conservare le poltrone nazionali, con la prospettiva che alla prima tornata elettorale quando vai in un circolo o in una piazza se non ti menano i tuoi che hai fatto infuriare, sei già fortunato?
E’ chiaro che comunque vadano le cose, nel PD la vecchia classe dirigente è fuori.
I 101 conigli che alle elezioni presidenziali hanno lanciato il sasso, ma non hanno da allora avuto il coraggio di dire : siamo stati noi,  sono la pietra tombale di una nomenclatura.
Anche perché qualsiasi presunto furbo non può violentare l’aritmetica e tutti sappiamo almeno fare di conto.
Il conto dice che se allora i Renziani hanno apertamente votato Chiamparino e quelli del Sel hanno trovato il loro trucco per farsi riconoscere, all’appello mancano solo di dalemiani e quindi quei 101 non possono essere che loro.
Ecco perché il piano strategico del presidentissimo, ammesso che ci sia davvero, sembra verosimile e destinato probabilmente ad avere successo.
Perché c’è questo gregge di vecchie figure calanti e di giovani rampanti, che hanno tanta voglia di arrivare, ma non sanno dove andare a parare e quindi se si trovano una autorevolissima e ovviamente solo confidenziale  indicazione, comincerebbero a farci sopra i loro piani e la cosa si avvia.
La strategia sarebbe questa : in prospettiva mettere insieme il centro destra del PD e la generazione di mezzo del PDL, con aggiunta dei residui montiani-casini-riccardiani.
Verrebbe fuori qualcosa di vistosamente corposo e competitivo, senz’altro candidabile al governo come forza di maggioranza relativa.
E’ più che ovvio che in questo disegno il posto per Berlusconi semplicemente non c’è.
Forse le procure hanno più fans dietro  le quinte di quanto appaia al di fuori.
Sarebbe una operazione storica : restituire al centro destra la sua dignità e centralità, dopo tutto l’infangamento, che ha subito dalla anomala parentesi del berlusconismo, principale responsabile del declino italiano, che non è solo economico, ma è anche declino morale come calo di dignità.
Per finire mi preme riportare un’altra indicazione importante, che ho afferrato in una trasmissione economica di stamattina sempre a proposito del futuro della nostra situazione politica.
La comunità del business internazionale da tempo non vuole neanche più sentire parlare di Berlusconi , non per le ragioni di politica italiana, alle quali è del tutto disinteressata, ma ovviamene per ragioni di business.
Il ragionamento è questo:  l’Italia è il terzo paese al mondo per valore di bond statali sul mercato e il mercato come è noto vuole stabilità ed aborre elementi di disturbo.
Berlusconi al governo è una mina vagante per i mercati ,come dimostra la sua conduzione politica precedente e quindi se gli italiani riescono a toglierselo dai piedi bene, diversamente la comunità del business, cioè le multinazionali, faranno da sole con i propri potentissimi mezzi, basta che tolgano  da Mediaset la pubblicità dei loro grandi gruppi e Berlusca è finito.
Interessante.


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