Ieri Antonio Padellaro, sul Fatto che dirige, ha lanciato questa ipotesi interessante.
A prima vista sembra
inverosimile, ma non lo è se solo si pensa alla storia e alle caratteristiche del
Presidente, infatti dire che Napolitano è un ex comunista è estremamente riduttivo
e non descrive per niente la sua storia politica.
Occorre aggiungere che
nella storia del PCI prima era stato amendoliano e poi migliorista, cioè sempre
aveva aderito all’ala destra del PCI, quindi per circostanze tipicamente
italiane, è stato il più a destra dei comunisti, assomigliando più a un
democristiano di centro- destra che ai suoi compagni.
Ben inteso in tutto
questo non c’è nulla di cui vergognarsi.
Si tratta solo di una
posizione al limite, rispettabile come le altre.
Specularmente ed all’opposto
è esistita per esempio nel PCI la pattuglia dei cattolici- comunisti, anche
questi assolutamente al limite e più che rispettabili.
In ogni caso occorre
ancora riconoscere che se veramente il presidentissimo fosse guidato da questo
disegno strategico, solo per elaborarlo occorrerebbe un’intelligenza politica
di qualità e soprattutto la capacità di fare progetti a lungo termine, cosa
quasi inesistente in questa classe politica.
In che cosa
consisterebbe questa strategia e soprattutto perché potrebbe essere del tutto
verosimile?
La prima ragione sta
nel fatto che il pentolone della politica italiana ha fatto saltare il coperchio.
Cioè stiamo vivendo un momento politico in cui tutto è possibile mentre nel
ventennio o trentennio precedente tutto era rimasto ingessato e immobile, nel
senso che alle elezioni che si succedevano i movimenti, gli spostamenti fra
le forze politiche erano dell’ordine
dell’1,2 %, il 3% era considerato un terremoto.
Il secondo elemento di
verosimiglianza sta nel fatto che uno dei partiti cardine del sistema politico
attuale, il PD è esploso al punto che praticamente non esiste più come forza
unitaria e nessuno sa come andrà a finire, cioè se tutto si chiarirà in una
scissione con centro destra interno (da Fioroni a Veltroni a D’Alema a Renzi) da
una parte e centro sinistra interno (prodiani e ex sinistra PCI) dall’altra.
O, molto più probabilmente,
una divisone trasversale giovani- vecchia guardia, senza più rispecchiare le
vecchie componenti ex sinistra Dc ed ex PCI.
Dall’altra parte c’è il
partito di Berlusconi, il PDL, un PDL, in crescita che ha recuperato, stando si
sondaggi, probabilmente soprattutto recuperando gli ex elettori andati a Monti-Casini-Riccardi
ed ora delusi.
E’ chiaro a tutti, o
perlomeno a chi sappia guardare alle cose con un minimo di distacco e di
razionalità, che la leadership di Berlusconi è per mille ragioni a fine corsa, soprattutto
per fatto che in quel partito c’è una generazione di mezzo scalpitante, che non
è assolutamente di qualità, ma che ne farebbe anche a meno di dover leccare il
capo alla mattina, al pomeriggio ed alla sera ed è da tempo in attesa di un’occasione
per potere liberarsene, tanto più che nel settore destra –moderata non hanno al
momento concorrenti credibili.
Anzi può essere loro di
aiuto il fatto che sia attualmente in corso all’interno di quel partito un
movimento di chiarificazione nel settore della destra- destra , dove i fascisti
ed ex fascisti, che numericamente sono
molto consistenti, soprattutto a livello di presenza territoriale, si stanno
riorganizzando per dare vita a una forza autonoma, ritenuta da loro più
dignitosa e producente della sottomissione al vecchio satrapo.
Il PD, lo abbiamo detto
è al momento in uno stato confusionale assoluto e questa è l’unica ragione per
la quale il governo Letta può avere un ragionevole periodo di vita, se pure
breve.
Alla nomenclatura del
PD, anche se parzialmente rinnovata dalle primarie, andrebbe bene tutto purché
si conservino poltrone e relative prebende, tant’è che sono tutti andati in
questo governo con Berlusconi che fino a tre giorni prima avevano qualificato
come indecente e improponibile.
Ma non essendo del
tutto deficienti non possono non sapere che la base sul territorio è in rivolta
aperta, i quadri dei circoli nelle varie province, sanno benissimo che se i vertici nazionali
vanno con Berlusconi gli elettori del partito spariscono.
Il gioco quindi non
paga più, a che servirebbe conservare le poltrone nazionali, con la prospettiva
che alla prima tornata elettorale quando vai in un circolo o in una piazza se
non ti menano i tuoi che hai fatto infuriare, sei già fortunato?
E’ chiaro che comunque
vadano le cose, nel PD la vecchia classe dirigente è fuori.
I 101 conigli che alle
elezioni presidenziali hanno lanciato il sasso, ma non hanno da allora avuto il
coraggio di dire : siamo stati noi, sono
la pietra tombale di una nomenclatura.
Anche perché qualsiasi
presunto furbo non può violentare l’aritmetica e tutti sappiamo almeno fare di
conto.
Il conto dice che se
allora i Renziani hanno apertamente votato Chiamparino e quelli del Sel hanno
trovato il loro trucco per farsi riconoscere, all’appello mancano solo di
dalemiani e quindi quei 101 non possono essere che loro.
Ecco perché il piano
strategico del presidentissimo, ammesso che ci sia davvero, sembra verosimile e
destinato probabilmente ad avere successo.
Perché c’è questo
gregge di vecchie figure calanti e di giovani rampanti, che hanno tanta voglia
di arrivare, ma non sanno dove andare a parare e quindi se si trovano una
autorevolissima e ovviamente solo confidenziale
indicazione, comincerebbero a farci sopra i loro piani e la cosa si
avvia.
La strategia sarebbe
questa : in prospettiva mettere insieme il centro destra del PD e la
generazione di mezzo del PDL, con aggiunta dei residui
montiani-casini-riccardiani.
Verrebbe fuori qualcosa
di vistosamente corposo e competitivo, senz’altro candidabile al governo come
forza di maggioranza relativa.
E’ più che ovvio che in
questo disegno il posto per Berlusconi semplicemente non c’è.
Forse le procure hanno
più fans dietro le quinte di quanto
appaia al di fuori.
Sarebbe una operazione
storica : restituire al centro destra la sua dignità e centralità, dopo tutto l’infangamento,
che ha subito dalla anomala parentesi del berlusconismo, principale
responsabile del declino italiano, che non è solo economico, ma è anche declino
morale come calo di dignità.
Per finire mi preme
riportare un’altra indicazione importante, che ho afferrato in una trasmissione
economica di stamattina sempre a proposito del futuro della nostra situazione
politica.
La comunità del
business internazionale da tempo non vuole neanche più sentire parlare di
Berlusconi , non per le ragioni di politica italiana, alle quali è del tutto
disinteressata, ma ovviamene per ragioni di business.
Il ragionamento è questo:
l’Italia è il terzo paese al mondo per
valore di bond statali sul mercato e il mercato come è noto vuole stabilità ed
aborre elementi di disturbo.
Berlusconi al governo è
una mina vagante per i mercati ,come dimostra la sua conduzione politica
precedente e quindi se gli italiani riescono a toglierselo dai piedi bene,
diversamente la comunità del business, cioè le multinazionali, faranno da sole
con i propri potentissimi mezzi, basta che tolgano da Mediaset la pubblicità dei loro grandi
gruppi e Berlusca è finito.
Interessante.
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