martedì 7 maggio 2013

Il Divo Giulio, fra Richelieu e Belzebù. Difficile interpretare in modo più inquietante l’ambiguità del potere




Nessuna intenzione di associarmi al coro delle beatificazioni postume in favore di Andreotti.
Ma trovo doveroso dire per prima cosa che di fronte all’attuale teatrino della politica sul quale recitano da vent’anni  personaggi penosamente mediocri, Andreotti navigava su un altro pianeta.
A mio parere per capire chi era questo singolare personaggio, occorre situarlo principalmente negli anni ‘60/’70, quando la DC non era al potere, era il potere, tutto il potere.
E lui ne era il Gran Sacerdote.
Il potere senza aggettivi richiede la celebrazione di riti e liturgie che lo pongano ben al di sopra del teatrino quotidiano della politica.
E lui infatti era più di chiunque altro di casa nel tempio.
Era l’uomo del Vaticano per antonomasia, nel senso che, anche se non portava formalmente la porpora, era accolto come un pari al di là del Tevere.
Cosa questo significhi nel senso di potere in quegli anni è facile dedurlo.
Ma in quegli stessi anni il potere reale si reggeva su un’altra colonna ancora più potente oltre al Vaticano.
E infatti lui era di casa anche a Washington.
Non sapeva praticamente pronunciare una frase in inglese, ma nessuno era ben visto in America come lui, era il loro uomo, sicuro e affidabile.
Da oltre atlantico arrivavano di conseguenza anche i dollari del finanziamento per le attività della Balena Bianca e anche questo era un elemento non trascurabile.
Come tutti i grandi cultori e gestori del potere, Andreotti sapeva usare e coltivare sistematicamente le tecniche appropriate.
Si governa solo con una “rete”, come si dice oggi, continuamente.
La rete di relazioni tessuta da Andreotti era solidissima.
Era noto che il nostro conoscesse bene il segreto, che faceva la potenza dei Fouchez, il ministro di polizia passato dalla Rivoluzione a Napoleone senza problemi di coscienza, come dei “ministri di polizia” di tutti i tempi : l’archivio.
Un archivio smisurato ed aggiornato, con tante schedine contenenti vita, morte e miracoli di tutti, sui quali poter trovare elementi per ricattare o più semplicemente per riscuotere il dovuto a seguito dei favori elargiti.
L’archivio privato di Andreotti era leggendario e temuto.
Per stare in argomento, la gestione del potere comportava la frequentazione che Andreotti aveva con particolare gusto con i servizi segreti e con le persone con le greche sulle spalline, tanto che ogniqualvolta si materializzava uno dei tanti “misteri d’Italia” il suo nome come quello di chi ci poteva starci dietro era il primo ad essere nominato.
Il suo culto del potere era talmente palpabile, che è passato per decenni, gestendo le massime cariche dello stato, senza avere quello che nella logica democristiana era il titolo per potere essere in quei posti, infatti la sua corrente all’interno della DC c’era ma non contava quasi nulla sul piano dei numeri.
Altro elemento che lo rendeva non comparabile con i politici di oggi è il fatto che pur essendo uomo di potere era contemporaneamente uomo di cultura solida, e intellettuale per passione, come testimoniano i suoi libri e i suoi articoli, il nostro era infatti giornalista di professione.
Il suo bagaglio intellettuale veniva fuori nelle sue proverbiali manifestazioni di una arguzia molto singolare, battute al vetriolo, che nascondevano il fatto di avere assimilato quella tipica cultura popolare romanesca.
Aveva però la capacità di pronunciarle con la medesima non chalance con la quale ci si scambiano battute fra gentlemen nei club inglesi.
Abbiamo elencato fin qui le qualità possedute dal Richelieu, ma in Andreotti era indubbiamente anche intrecciata la compresenza di Belzebù, diversamente non sarebbe mai stato  Andreotti, così diverso da tutti gli altri.
L’assassinio del giornalista di inchiesta Mino Pecorelli, la contiguità con la banda della Magliana, la contiguità con la mafia.
Era stato accusato di cose semplicemente orrende per decenni.
Per questo si è creato nel tempo quel fascino torbido intorno al suo personaggio.
Il potere è ben noto è la più potente delle droghe.
Non si riesce a spiegare diversamente se non come quell’inebriamento del potere, che impedisce di essere razionali, il suo vezzo di frequentare anche gente assolutamente infrequentabile, da romano fino al midollo aveva voluto conoscere anche la Suburra.
Ha occupato per decenni il potere, ma si sarà arricchito in proporzione come si riterrebbe ovvio oggi?
Se si giudicasse dal suo stile di vita, notoriamente più che sobrio , si direbbe che anche se i soldi li avesse fatti, non se ne sarebbe fatto certo un gran chè.
Eppure il suo nome compare fra quelli poco raccomandabili dei correntisti dello IOR, e così  la leggenda nera continua ad alimentarsi.








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