domenica 21 aprile 2013

Pensando di essere dei furboni si sono tutti arresi a Berlusconi, nascondendosi dietro al Nonno del Mulino Bianco




C’è qualcosa di perverso in questa nostra politica italiana, che non vuole mai nessun cambiamento e che non vuole mai dare ascolto al suo popolo, che non la sopporta più.
E’ perverso nascondere le proprie immani debolezze, che rendono le forze politiche  incapaci di fare scelte alla luce del sole e quindi di assumersene la responsabilità a viso aperto.
È perverso nascondersi dietro  all’ immagine simbolica del Nonno della Repubblica, dipinto come quello edulcorato del Mulino Bianco, per rendere appetibili alla gente i propri decrepiti progetti politici.
E il vero progetto politico del gruppo dirigente del PD era chiaramente fin dall’inizio quello di fare il governo con Berlusconi, come su questo blog si era già detto.
Sapevano però che la loro base, il loro popolo a quell’alleanza non era contrari ma contrarissimi e quindi hanno nascosto colpevolmente il loro vero progetto dietro a una serie di mosse tattiche spregiudicate, ma facendo bene i conti prima.
La vera mente perversa dietro a tutte queste manovre era il terribile baffetto, Massimo D’Alema.
Non poteva  essere che lui il Cardinale Richelieu della situazione, perché solo lui aveva l’intelligenza, la freddezza, il mestiere e soprattutto il potere per farlo.
D’Alema è da sempre il riferimento del potere reale nel PD, quello che deriva dai governatori di regione, dai sindaci e assessori di enti locali, degli amministratori di ex municipalizzate sempre più potenti, di consiglieri nelle fondazioni bancarie, e nel sottopotere delle industrie e servizi partecipati dallo stato o parastatali.
E’ un potere immenso.
Aggiungeteci, come costume degli e PCI dell’Italia Centrale, la necessaria partecipazione ai riti massonici, per allargare le proprie relazioni e per guarnire una ulteriore spolveratina a pioggia di finanziamenti generosi a scuole confessionali e oratori e il gioco è fatto.
D’Alema gestisce il potere, gli altri o eseguono o aspettano che arrivino le briciole.
In quest’ottica, il vero nemico di D’Alema non è mai stato quello di facciata, cioè Berlusconi, col quale ha da sempre diviso tutto in un inciucio dietro le quinte ventennale, ma chi volesse rivoltare il tavolo del consociativismo.
Sembrava che questi potesse essere Renzi, peccato però che Renzi assomigli talmente tanto a D’Alema, da sembrare più il suo naturale delfino, che non il suo oppositore.
Renzi ha voluto accorciare i tempi e ha tentato il parricidio alle primarie del PD, ma lo strapotere del boss lo la stoppato subito e senza particolare fatica.
Poi è saltata fuori la vera forza alternativa al potere D’Alemian- berlusconiano.
Grillo la novità assoluta, giocando con il suo svantaggio/vantaggio di  atteggiarsi in un modo fra il folcloristico e lo strampalato, che però riesce a sconcertare una nomenclatura politica ingessata da decenni.
Il guaio per D’Alema è che Grillo è risultato doppiamente pericoloso per il fatto che è venuto ad  occupare di fatto l’area tradizionale della sinistra, la cui base il giochino di D’Alema aveva cominciato a intuirlo e se si perde la base, a ruota, prima o poi si perde tutto il potere.
Bisogna riconoscere che la lotta per Grillo era difficilissima, perché ponendosi contro frontalmente a tutto un regime consociativo del quale i partiti sono solo la parte più visibile, aveva  contro tutti, poteri forti compresi.
Gli sparavano contro tutti i giorni dalla corazzata mediatica delle Tv, giornali e riviste di Berlusconi.
Ma curiosamente gli sparava contro anche la corazzata dei finti arcinemici per Berlusca quelli della contro corazzata del gruppo Repubblica- l’Espresso, come se l’inciucio fosse già stato accettato da costoro.
Per giorni hanno fatto un penoso gioco delle parti col direttore di Repubblica, Mauro, che scriveva netti editoriali contro l’inciucio,  però subito corretto dalle omelie domenicali, che il fondatore e quasi padrone del giornale Scalfari pubblica tutte le domeniche, dedicandovi sempre un pensierino affettuoso se non di venerazione volto ad esaltare la meritoria opera del saggio della repubblica, che dal Quirinale era ed è impegnato nel confezionare l’inciucio, magari con le più nobili intenzioni, ma tant’è.
Naturalmente al pensierino affettuoso per il Colle, mai mancava una scappellotto per i ragazzacci grillini, descritti come dei discoli che inevitabilmente avrebbero rotto le stoviglie al tavolo del potere e che quindi erano i reprobi della situazione.
Grillo. girando di piazza in piazza si trovava di fronte folle sempre più strabocchevoli e quindi poteva toccare con mano, che c’era lì un popolo che lo investiva di un potere di dimensioni alle quale non era preparato forse nemmeno psicologicamente.
La comprensibile ebbrezza del momento, unita poi alla difficoltà obiettiva di gestire un piccolo esercito di parlamentari alla loro prima esperienza,unita  alla sua stessa mancanza di una precedente esperienza di sorta ,politica o amministrativa, unita al fatto che il suo pensiero politico era in fieri, sono tutte cose che lo hanno spinto a sbagliare quasi tutte le prime mosse.
In politica, come nella vita passa un grosso spazio di possibili opzioni fra il comportarsi come “puttane” ed essere invece semplicemente “elastici”.
Grillo ha ritento di scegliere una rigidità intransigente nella fedeltà alla lettera verso quello che aveva promesso durante la campagna elettorale.
Forse anche lo doveva fare per non rischiare che il suo esercito di matricole parlamentari si dividesse subito in mille rivoli.
Purtroppo però a cose fatte non si può non riconoscere che prima ha perso la battaglia del governo e poi quella del Quirinale  e non sono cose da poco.
Ha perso lui ed hanno vinto invece Berlusconi e D’Alema, che rieleggendo Napolitano si sono procurata l’investiture a formalizzare il governo del’inciucio.
Hanno vinto al prezzo di sedersi sui cumuli di macerie fumanti del PD, l’ultimo e unico partito storico che era rimasto in Italia, l’erede delle storie e delle tradizioni politiche dei comunisti e del cattolicesimo sociale.
Cioè eredi della gente che era stata determinante nel fare sciocchezzuole come la Resistenza, la Repubblica e la Costituzione, la ricostruzione dell’apparato industriale italiano pubblico e privato le infrastrutture e cioè  quello che fa l’Italia moderna.
Il prezzo pagato può fare brindare Berlusconi, perché per lui ormai ogni giorno in sella al potere significa un giorno in meno a San Vittore, ma D’Alema ,in quale sotterraneo della storia si è cacciato.
Con la rielezione incautamente accettata da Napolitano non si è risolto alcun problema.
Da domani disco verde per gli affari di tutti i faccendieri d’Italia, senza più la foglia di fico della finta opposizione del Pd ,tutti possono precipitarsi alla mangiatoia apertamente.
Disco verde per licenziamenti e chiusure di aziende.
Ma disco rosso per chi amministra la giustizia, che è stata ufficialmente informata che ci sono cittadini ed uno in particolare che è e sarà più uguale degli altri, per lui le leggi che valgono per tutti non valgono nulla.
E’ una bella schifezza.
Ma non tutti i mali vengono per nuocere perchè la conferma di Napolitano comporta un solo elemento positivo, non ha il potere beninteso di fermare l’orologio, ma dovrebbe offrire più tempo per tutti.
Soprattutto i grillini ne hanno un bisogno assoluto.
Hanno bisogno di lavorare nelle commissioni per capire che il potere di presentare delle leggi è ben poca cosa se poi non verranno mai “calendarizzate” (cioè messe in discussione).
Che per esistere politicamente occorre confrontarsi tutti i santi giorni con gli altri, cercarli, discutere e concordare il concordabile senza necessità di vendersi, ma assolutamente uscendo dal congelatore nel quale si sono rinchiusi.

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