giovedì 6 dicembre 2012

In Italia è tutto strano, compreso il Presidente





Quando ero ancora dietro ai banchi dell’università uno dei luminari più innovativi nel campo del diritto costituzionale era quel Giuseppe Maranini che, in controtendenza rispetto alla dottrina giuridica più diffusa, sosteneva che la nostra costituzione fosse molto vicino a quella di una repubblica presidenziale, perché a suo giudizio forniva al presidente poteri molto estesi, che nella prassi non erano mai stati sfruttati, ma che avrebbero potuto essere usati, se sulla scena si fosse presentato un presidente interventista.
Chissà  che Napolitano non sia un seguace della dottrina di Maranini.
Lontano anni luce da Einaudi, che si vedeva come il notaio della repubblica.
Napolitano passerà alla storia come il presidente che ha più dilatato i poteri che la costituzione gli conferisce.
Cossiga si limitava alle “picconate” verbali.
Napolitano “monita” nel senso che indirizza altri poteri ed istituzioni aspettandosi di essere seguito, diversamente “rimonita”, poi convoca, poi emette comunicati e via di seguito.
Con la scusa che Monti sarebbe un tecnico e quindi debole sul lato politico, la presidenza gli fornisce una vigorosa copertura praticamente quotidiana.
La cacciata di Berlusconi nell’autunno dello scorso anno è stata una benedizione della quale la storia gli sarà grata, ma certo la trafila seguita è stata singolare nel senso che non c’è mai stato  un voto di sfiducia verso Berlusconi e Monti è diventato presidente del consiglio dopo essere entrato in parlamento il giorno prima per nomina presidenziale e non per elezione.
Molto singolare, ma formalmente ineccepibile.
Il programma politico economico di Monti con la scusa che era imposto dell’Europa è stato apertamente adottato, difeso e sostenuto giorno per giorno dalla presidenza ed anche questo è singolare.
I ripetuti interventi sulle Camere ed addirittura sui partiti per formulare una nuova legge elettorale sono non solo un fatto anche questo singolare, ma proprio ai limiti dei poteri costituzionali della presidenza.
Il ricorso alla Consulta sul caso delle intercettazioni indirette della presidenza sul caso Mancino invocando il conflitto di attribuzioni fra poteri dello stato arrivato ora a sentenza è un fatto veramente clamoroso e probabilmente unico nel suo genere nelle democrazie occidentali, perché con quello si è voluto coprire un vuoto legislativo proprio per dilatare le prerogative della presidenza in modo talmente ampio da essere veramente discutibile.
Non c’è dubbio che queste amplissime prerogative e guarentigie che la presidenza si è creata intorno collidono col fondamentale principio dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
Singolare anche la vicenda umana di questo presidente.
Per storia personale gli spetterebbe il titolo di ultimo (non proprio ultimo perché Ingrao è più anziano di lui) di quelli che erano definiti i “mandarini rossi”.
Lui che per inclinazione personale è sempre stato il meno rosso dei rossi.
Moderato, riformista o come si diceva allora migliorista per distinguersi da quelli  proprio come Ingrao che non si accontentavano del riformismo ma volevano le “riforme di struttura”.
Singolarissimo poi il fatto che mentre gli altri suoi pari perdevano ore ed ore per impratichirsi della lingua russa lui completamente contro corrente abbia studiato invece l’inglese, la lingua dell’allora nemico tanto bene da arrivare a parlarla fluentemente.
Passerà alla storia come il più presidenzialista dei presidenti, un vero discepolo di Giuseppe Maranini.

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