Chi per professione o per passione personale si
interessa di storia sa che spesso se non quasi sempre anche le più celebri
vicende storiche hanno preso una piega anziché un’altra per puro caso, perché
per puro caso riescono a combinarsi insieme i molteplice elementi che li hanno
resi possibili.
Hitler sarebbe rimasto sempre un modesto
imbianchino bavarese se …
Lenin sarebbe
marcito in galera chissà per quanto tempo se non avesse preso quel famoso treno
Zurigo-Pietrogrado Pietroburgo, dove era inizita la Rivoluzione poi detta d'ottobre.
Per ogni personaggio notevole passato alla storia
è possibile individuare gli elementi casuali che hanno reso possibile la loro
fortuna o sfortuna.
Rimanendo ai tempi presenti mi sono imbattuto,
guarda un po’ per caso, nelle sconcertanti analogie che sono state
probabilmente determinanti a fare di Woytila e Ratzinger due campioni della conservazione e della anti
-modernità.
E in tutti e due i casi l’analogia si trova
nell’ambiente nel quale sono cresciuti negli anni della loro formazione
scolastica.
Woytila figlio di uno squattrinato sottoufficiale
dell’esercito, rimasto vedovo precocemente che non aveva materialmente i soldi
per comprare i libri, che avrebbero dovuto alimentare la formazione di un
figlio molto dotato intellettualmente e molto ambizioso.
Questo figlio ha quindi dovuto accontentarsi di
quello che passava il convento, cioè le biblioteche degli ultra conservatori
seminari della ultra conservatrice chiesa polacca.
Già chiusa nella sua fobia di nazione perseguitata
dalla sorte, quando è cascata dalla
schiavitù nazista alla schiavitù sovietica, questa per di più anche atea militante, la chiesa
polacca ha raggiunto dei vertici di distacco dal mondo e di ricaduta nel
medioevo.
Woytila ha avuto la ventura di formarsi in questa
temperie culturale, nella quale a fede era intesa come fortezza nella quale
rinchiudersi per difendersi dagli attacchi di tutto ciò che era esterno.
Quel celebre film, tratto dal libro di Eco ha dato
una immagine plastica di una idwale biblioteca di convento medioevale, gestita
da un anziano bibliotecario integralista fanatico che rinchiudeva il sapere del
mondo in una torre di spesse mura e in quell’ambito murava in un labirinto
irraggiungibile i testi considerati da lui pericolosi.
Questa doveva essere la Polonia clericale negli
anni giovanili di Woytila.
Questo personaggio dotato di una personalità
prorompente e carismatica con doti di attore a livello professionale, chissà
quali vertici intellettuali o artistici avrebbe raggiunto se avesse potuto
studiare in una qualunque università internazionale di eccellenza, invece che
in oscuri seminari di una chiesa accerchiata e chiusa in sé stessa.
Questo handicap di partenza Woytila ha cercato di
superarlo con un supplemento di forza di volontà, che certo non gli mancava, ma
lo zampino del caso e non del diavolo lo ha frenato ancora in più occasioni.
Tutti sappiamo che nell’epoca classica chi non
conosceva il greco e il latino non esisteva per il mondo della cultura, non
poteva letteralmente prendere parte.
Nell’epoca moderna nessuna contesta più il fatto
che chi oggi non padroneggia l’inglese si può accomodare fuori dallo sviluppo
intellettuale del mondo.
Woytila l’inglese lo ha studiato perché aveva
capito benissimo quali erano le regole del gioco, ma no lo ha mai
padroneggiato.
I giornali all’epoca hanno riportato per esempio la
cronaca di quella udienza kafkiana che Woytila da papa aveva accordato al
Principe Carlo di Inghilterra, accompagnato dalla più celebre consorte, principessa
Diana, quando a causa del suo inglese approssimativo, che portava a degli
equivoci ed alla cortesia nobiliare che
induceva a rispondere con degli “yes”, forse interrogativi, forse assertivi, i
tre si erano avvitati in una conversazione nella quale non si capiva più nulla.
La insufficiente padronanza della lingua, veniva
aggravata in Woytila dal poco interesse, se non da una antipatia preconcetta verso la cultura anglosassone, che non
conosceva e che non aveva mai studiato
seriamente, senza rendersi conto che non avrebbe potuto permetterselo perché così facendo si sarebbe tagliato fuori dal
mondo moderno.
E’ in questo “gap”, in questo distacco, in questo vuoto culturale, che come abbiamo detto si è
materializzato per circostanze casuali,
che Woytila non ha mai capito tutto ciò
che è anglosassone, dal protestantesimo in religione col suo concetto di spirito critico e di
pluralismo culturale, alla democrazia moderna , alla laicità dello stato in
politica e nella cultura politica e sociale.
Così una volta caduto il comunismo e liberata la
Polonia, non certo per solo merito suo, si è lanciato nell’opera assurda di modellare la chiesa universale
sul modello polacco che era l’unico che conosceva e che gli dava sicurezza.
Così lasciava fuori il mondo moderno e non è cosa
da poco.
E’ singolare che il suo successore Joseph Ratzinger
si trovi condizionato dallo stesso gap culturale, che, poveretto, non si è né scelto
né cercato, ma se lo si è trovato in dote dalla limitata formazione culturale
che ha acquisito nella sua giovinezza , esattamente come Woytila.
Non è forse singolare e illuminante al tempo
stesso il fatto che Ratzinger sia figlio di un poliziotto bavarese, quasi la stessa
professione del padre Woytila e non proprio stimolo all’ apertura mentale?
L’ambiente culturale dei seminari bavaresi degli
anni del nazismo, che è caduto quando il nostro aveva 18 anni, non era certo
molto più aperto e brillante di quello della Polonia di Woytila sotto i
sovietici.
Il Nazismo non era formalmente ateo, ma lo era nei
fatti in un modo ancora più insidioso del comunismo sovietico per la chiesa,
che in massa si era lasciata trascinare
dall’esaltazione nazionalista per la
religione del potere della razza ariana eletta e antisemita e aveva coltivato così
il peggio della propria teologia, basato sui concetti di culto dell’autorità e
del potere, ambedue radicalmente anti-
evangelici.
In questo clima culturale distorto, chiuso e ultra- tradizionalista si è formato
Ratzinger.
Uomo molto più modesto intellettualmente di Woytila
e che ha ben presto mostrato di accontentarsi delle sicurezze
accordate agli uomini di apparato.
Uomo di apparato è sempre stato a servizio di quella metaforica torre del
convento medioevale che metteva al sicuro i libri proibiti, perché non
tentassero le intelligenze della gente.
Con Ratzinger ci risiamo, il protestantesimo pur
così vicino a lui tedesco gli è del tutto sconosciuto, probabilmente non ha mai
studiato seriamente Lutero per paura del confronto con lo spirito critico e il suo
pluralismo culturale e teologico.
L’inglese e la cultura anglosassone è di nuovo
rimasta appena toccata, anche perché pregiudizialmente
ritenuta ostile e pericolosa.
Il quadro culturale è lo stesso.
Due vittime di un’educazione sbagliata che non si
sono cercati.
Le neuroscienze oggi hanno molto chiarito il ruolo
non assoluto e insuperabile, ma certo molto pesante della formazione giovanile.
E insidioso, perché la mente funziona facendo
sempre riferimento con un procedimento inconscio in prima istanza alle risposte
veloci che ci vengono dai “files” archiviati e quindi a nostra insaputa ci fornisce
niente altro che dei bei pregiudizi, suggerendoceli come da adottare e come se fossero nostri “per
default” in analogia al funzionamento dei computer.
L’ambiente e quello familiare sociale e culturale in particolare rischia di
ingabbiarci per tutta la vita se non sappiamo reagire criticamente.
E per far questo è essenziale uscire dal guscio e
andare in giro per il mondo, cosa che oggi la tecnologia ci consente di fare anche
solo dallo schermo del nostro computer.
Ma né Woytila, né Ratzinger hanno preso coscienza
dei danni che loro causava il fatto di essere immobilizzati nella torre del
convento.
Nessun commento:
Posta un commento