Il centro, ma chi era costui?
L’Italia del dopo-guerra aveva conosciuto il
centro, e i governi centristi, ma chi si ricorda oggi di Giuseppe Pella , Guido
Gonella, Mario Scelba , Attilio Piccioni, Antonio Segni ecc. Forse ci si
ricorda di quest’ultimo perché divenne Presidente e comunque per i giovani questi
nomi appartengono ad assoluti
sconosciuti.
Se andiamo a consultare un libro di storia per
vedere cosa hanno fatto vediamo che il loro chiodo era il pareggio di bilancio
alla Quintino Sella e qui comincia a delinearsi una vicinanza non di poco conto
col nostro odierno Prof. Monti.
Era la DC, la vecchia balena bianca, che allora non era
affatto vecchia perché accanto ai grigi centristi sopra elencati c’erano gli
scalpitanti Fanfani , Vanoni, La Pira, c’era non in politica ma in posizione
ancora più importante un Enrico Mattei all’Eni, c’era un Giuseppe Dossetti, che
stava maturando la sua dottrina sociale, c’era Dino Penazato alle Acli, c’era Giuseppe
Lazzati all’Università Cattolica, c’era Mario Rossi alla Giac, branca giovanile
dell’Azione Cattolica, appoggiato da
Mons. Giovanbattista Montini, che si contrapponeva a Gedda, Presidente appunto dell’Azione
Cattolica e reduce dalle battaglie anticomuniste frontali con i Comitati Civici
e c’era ancora soprattutto un certo Alcide De Gasperi, che nell’aspetto e nello
stile sobrio, ma solo in quello purtroppo, richiama un po’ il nostro Monti.
Basta questo elenco sommario per capire che quella Dc era grande non solo
di numeri, ma di teste, di competenze, non solo di idee ma soprattutto di
ideali.
Era plurale, ma si alimentava in un mondo
cattolico vastissimo vivo e pensante.
I grigi anni ’50 del centrismo hanno consentito
all’ala progressista della DC di scaldare i motori elaborando le riforme che
avrebbero fatto dell’Italia il paese moderno del boom nei successivi anni ’60 : la riforma agraria
con il superamento del latifondo nobiliare e medioevale; un piano formidabile di
costruzione di case popolari; la leva delle opere pubbliche usata a piene mani
con la costruzione delle infrastrutture a cominciare dalle autostrade; l’allargamento
dell’istruzione ai ceti che prima non ne potevano usufruire; l’allargamento
della copertura pensionistica; le mutue
malattia, primo passo verso il servizio sanitario nazionale; il rafforzamento della struttura industriale
pubblica con l’Iri, arrivato a dimensioni gigantesche nell’acciaio, nell’energia,
nella chimica, nella cantieristica ecc. insomma
: lavori pubblici, infrastrutture, piena occupazione, nella direzione dell’Europa Unita.
Ed ora Monti si orienta sui movimenti residuali di uno spento e grigissimo Casini, di un dandy
alla Cordero di Montezemolo, di un rimasuglio di mondo cattolico alla Olivero e
Riccardi, ormai ben lontani dalle radici cristiano- sociali del movimento cattolico italiano degli
anni ’60.
Con questa armata Brancaleone alle spalle che vuol
fare Monti?
Sfidare a regolar tenzone la corazzata mediatica di
un Cavalier B. ,ormai disposto a tutto,
ma veramente a tutto, pur di riguadagnarsi il solito salvacondotto giudiziario
che lo tenga lontano da San Vittore ?
Portar via al povero Bersani quella manciata di
voti moderati che potrebbero riuscire nell’impresa, fino a ieri ritenuta impossibile,
di fargli perdere le elezioni?
E a vantaggio di chi?
Il gioco arrischiatissimo di Monti è chiaramente
quello di mettere insieme un nuovo gruppo politico di destra moderata che si
ispiri al Partito Popolare Europeo, cioè a quel che è rimasto dei movimenti
democristiani in Europa e di fare da ago
della bilancia.
Ma prima di tutto quest’area è già affollata
essendoci da sempre Casini e poi i dirigenti del PPE hanno avuto qualche anno
fa lo stomaco di prendere per buono il partito di Berlusconi che con i democristiani
europei non si vede cosa possa avere avuto da spartire, ma che comunque c’è
ancora.
E poi il suo azzardo potrebbe funzionare solo nel
caso in cui da Berlusconi si staccasse un gruppo consistente di ex berlusconidi
delusi, ma abbiamo visto già quante
volte questi hanno tentato il ruggito del coniglio, per tornare nella
conigliera il giorno dopo.
E quand’anche il gioco funzionasse e cioè Monti
con i raggruppamenti che a lui si ispirano arrivasse al massimo che gli
analisti gli assegnano come voti potenziali cioè a un 20% che farebbe?
Dovrebbe scegliere di governare o con Bersani o
con Berlusconi che verrebbe ricacciato in una posizione di aggregatore di tutte
le destre da quella fascista alla Lega a quello che rimarrebbe del suo partito
personale.
Ma se ragioniamo sui numeri l’azzardo di Monti è
legato proprio alla consistenza dei berlusconiani che si dovrebbero staccare
dalla figura del capo, con i quale hanno condiviso vent’anni di vergogne.
Contento lui, ma certo legare tutto il suo progetto
politico alla determinazione dei Frattini, Pisanu, Quagliariello, ed ex Ciellini
in crisi di coscienza, altro che sobrietà, ci vuole il coraggio di un giocatore
di poker.
E intanto l’Italia aspetta e mai che arrivi un
politico “normale” che faccia cose normalmente sensate, seguendo la strada maestra scritta nella
costituzione, che tutti esaltano ma che tutti si mettono sotto i piedi
continuamente.
La cosa migliore che ha detto Benigni nel suo show
di tre giorni fa è stata proprio questa battuta : la Costituzione, aspetto che
entri in vigore.
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